ucronista

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Paris, France
Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...

tempi persi

giovedì 15 dicembre 2011

il vecchio e i giorni futuri

qualcosa di meno esplicito.
la poesia è nei dettagli più minuti.
qualcosa di più esplicito.
la poesia è nella chiarezza universale.

qualcosa di più o meno esplicito.
qualcosa di più. qualcosa di più, di più di più dipiù

di meno, di meno - di meno.

meno di meno.

aaaaaaaaaaah
e intanto io vedo un vecchio che cammina rasente un muro nero nero,
i polpastrelli al posto degli occhi ciechi, un sacco di tela pesante sulla spalla sinistra,
pieno di tutti gli anni di tutta la vita
che non gli servirà più a nulla ma lui se la porta dietro comunque. che non si sa mai che magari oggi...
la saggezza del vecchio cieco è espilcita è scritta in grande nel suo avanzare sincopato e inarrestabile
il vecchio è come il tempo e i suoi passi sono secondi
(troppo esplicito?)
sono secondi lenti e faticosi,
ognuno deve stacc-aaaaaa!-rsi dall'altro;
tante piccole violenze alla potenziale unità del tutto
tanti salti mortali da un anello all'altro della catena del prima e del poi
- dal prima al poi -
prima o poi, uno pensa, il vecchio cade per terra
e il suo enorme sacco si apre e i giorni passati rotolano dappertutto e noi possiamo vedere i suoi ricordi e lui no e noi diciamo
che è partito che gli è venuto l'alzheimer.

e invece no.
io vedo il vecchio che avanza e sento il rumore dei secondi che stacca.
aaaa...aaaa...aaaa...aaaa...

è ruvido il muro, vecchio?
no. è solo scritto.
e cosa c'è scritto, vecchio?
che niente di mortale lascia mai il segno.
è una bella scoperta, vecchio.
non è una scoperta, è quello che c'è scritto.
e tu, tu lo lasci, il segno?
certo. non lo senti il rumore delle mia dita sul muro, non lo senti il rumore dei miei pa...
sì vecchio, lo sento il rumore dei tuoi secondi.

-silenzio. il vecchio si è fermato.-

perché ti sei fermato?
sono stanco. e ho la vista annebbiata.
ma tu sei cieco, vecchio.

-silenzio. il vecchio ride, piano.-
(troppo poco esplicito?)

a chi stai portando quel sacco, vecchio?
a nessuno.
ma te lo trascini in giro così, senza...
lo stavo portando a te, ragazza. ma ho cambiato idea.

- quando mi interrompe, il vecchio non sembra affatto vecchio, ha una nettezza poco umana -

e perché? cosa c'è dentro?
i tuoi giorni futuri.
menti, vecchio. quel sacco è pieno dei tuoi giorni passati.

- il vecchio appoggia il sacco per terra, vicino al muro nero nero dove stanno scrtte solo per lui le belle scoperte. Lo fa con un grande sospiro di sollievo, come se fosse la prima volta che si libera di quel peso. Per un po' sta piegato, le mani appoggiate sulle ginocchia, la bocca spalancata a cercare aria. (Allora non è immortale!) Ha lo sguardo immobile. (Allora è immortale! Ma sarà cieco?) Io lo guardo immobile. (Allora sono morta! Ma sarò cieca?) Il vecchio si rialza, piano piano, e comincia a cantare-

quel piccolo piccolo bicchiere
che giglioletta aveva in mano
stanotte l'ha fatto cadere
un tipo davvero strano,

gli han detto i cocci sono tuoi,
lui ha risposto siete voi
che siete rotti e non sapete
nemmeno se chiamare il prete.

ma sai che sei un tipo strano,
e forse anche un po' villano, oh
grazie miei signori belli,
andrò ad aggiustare ombrelli.

gli ombrelli che poi voi usate
quando la pioggia vi importuna, oh,
voi non avete più la luna
nelle vostre sere apparecchiate,

chissà che cosa vi hanno detto
del vostro abicì perfetto, oh,
voi non sapete più parole
nelle vostre animelle sole,

così lo strano fattucchiere
che aveva rotto il bicchiere
ruppe anche il gioco dei signori,
la legge del tu paghi o muori,

così il vandalo imbroglione
che certo era un fannullone
disse a tutta la città
la più tremenda verità.

(
troppo poco esplicito?)



mercoledì 14 dicembre 2011

nugae - stupidaggini

c'era un piccolo baule delle cose vecchie,
sì di solito sono grandi ma lui era piccolo.

c'era un piccolo baule delle cose storte,
le custodiva con occhi miopi e le teneva per te.

abbracciava le cose passate che una volta ti erano piaciute,
proteggeva le gocce di pioggia
che ti avevano tolto la sete.

era solo un piccolo baule, ma dentro aveva tante, tante cose:
i passi di danza in cucina, le tristezze larghe come sere estive, i fallimenti.
i film e le canzoni, le delusioni. gli smarrimenti e
tutte, tutte le parole, e tutti i simboli inventati per te,
tutte le piccole cose fragili
che ti avevano fatto compagnia.

una sera chiudesti il baule e nell'addormentarti ti scordasti di lui.

lui aspettò la luce e i tuoi occhi,
contò i secondi, per mostrarti poi anche il tempo
della tua mancanza,
ma tu non tornasti.

avevi perso la nostalgia.
le piccole vecchie cose
non ti piacevano più.

ho trovato il baule nel mio ultimo sogno.
mi ha detto aprimi e liberami, ti prego,
sono troppo
pieno e ora sono tanto stanco.
era piccolo davvero.
io lo aprii e lui morì.
era già vuoto. non pensavo.



venerdì 11 novembre 2011

l'ultima notte (alla corte del Re Cremisi).

ah.
l'encefalo è piatto quasi quanto il gramma che lo registra.
stanotte
i trapassati sono troppo remoti e i futuri ridicolmente interiori.

ulteriori buoni motivi
servirebbero per agganciare un senso,
per dare una forma al morbo,
ma sembra che i miei siano in pausa-pranzo, o in sciopero, o forse
anche loro
in cassa integrazione.

ma no ma no ma cosa dici ma torniamo subito
giovane adulta
vecchia ragazza,
non preoccuparti, torniamo subito ad indicarti la via,
ma tu non indugiare,
vai vai cara, prego, sempre dritto, è facile facile, vedi,
basta non guardare
mai giù.
hai presente tutto quello che ti hanno insegnato a scuola?
ecco, dimenticalo cara, non c'è tempo.
non c'è più tempo per queste sciocchezze, ora,
su, corri cara, sempre dritto,
la strada non ha svolte, non vedi gli altri come sono già avanti?
forza, forza, che non c'è spazio per divagare,
noi torneremo, eh, sì sì torneremo,
ma mica hai bisogno di noi in fin dei conti, eh,
sei grande, corri, corri avanti,
giovane adulta
vecchia ragazza
ora basta guardarci
ora dimenticaci
ora basta con queste recite,
muoviti, chiudi gli occhi, vai!

ah!
i miei occhi!
murati dietro le palpebre!
vedo solo una strada!
dritta! dio ma è così corta?

prima era un bosco incantato
un groviglio di forse e di ancora giallo-rossi,
c'erano gatti rane cani cavalli aquiloni,
c'erano stelle bambini barche a vela ghiacciai paradigmi
bicchieri dolci di vino,
e c'erano dèi leggeri e atei, che ridevano disegnando e cancellando e ridisegnando
i nostri giorni futuri.

ah!
s'è fatto silenzio.
la strada è una e brulla
e vuota.
non sembra per niente una casa.
c'è un cartello che dice
che conduce alla Corte del Re Cremisi.
ma io non ho mai creduto ai re,
e allora mi fermo
e mi siedo ai piedi del cartello.

forse mi ricordo ancora
di quando giocavo con il vento giallo fino in fondo alla segale,
ma ah!
i ricordi si stanno sbriciolando
e non riesco a portare in salvo altre parole.

è tutto stanco e tenue, qui, forse morire non è niente di speciale,
i miei ultimi pensieri prima di addormentarmi.
ma dove sono stata, tutto questo tempo, dove...
i miei ultimi pensieri prima di...

ah!
la mia testa! sono sveglia. sono sveglia?
c'è una specie di fiume viola prosciugato,
mi sono svegliata nel letto
di un vecchio fiume viola,
e al centro esatto del letto
emerge dal fango, gigantesco,
il Re Cremisi.

ah!
si volta a guardarmi,
i suoi grassi occhi strabici
penetrano tutte le me visibili e invisibili,
grasse mani bluastre
mi sovrastano e raccolgono
tutte le me tangibili e intangibili.

ah.
allora eccoci qua, enorme Re della mia strada,
enorme morbido mostruoso Re,
orrendo padre delle mie
effervescenti realtà.
io non ti ho mai creduto, lo sai, Re Cremisi.

Il Re sorride
mentre mi adagia sul suo palmo caldo
viscido e umido come il ventre di tutti gli Inizi,
e le sue risa hanno il suono di certi temporali estivi.
Lo so, lo so che non mi hai mai creduto,
giovane adulta
vecchia ragazza mia,
risponde il Re.
Ma se ora senti la mia voce dimmi cosa ti ricorda.

Mi ricorda il mare quando nuotavo sott'acqua,
mi ricorda le parole trattenute,
mi ricorda l'esplosione muta dei desideri che ho perso.

E forse ora il Re mi sta accarezzando
con la punta della punta dei suoi capelli
alghe danzanti foglie piangenti
e forse ora il Re mi sta cullando nelle sue lacrime,
no, in un'unica sua lacrima galattica,

forse è questa, la tua Corte, Re Cremisi,
alla fine della strada - l'ultima che hai partorito per me -
alla fine mi riporti all'Inizio.
E allora dall'inizio. E' sempre più bello, l'inizio. Dalla casa di mio padre, quand'ero bambina.

Dimmi, vecchia ragazza mia, dove sei stata,
cos'hai sognato, dove sai caduta, raccontami, ora,
senza fermarti, raccontami quello che ho generato per te, che io non sono onnisciente
e dimentico le mie creature, ricordami, ricordami chi sei stata, vecchia bambina mia.

Ah! Padre
smemorato opulento inesorabile padre mio,
mio buon padre,
ecco la mia storia, è una bella storia, sai,
ecco, comincia dalla fine,
da quando l'uomo del sempre-dritto chiede all'uomo del troppo-tardi:
"Dove sei stato"?
Ecco, mio Re, la mia storia fa
Said the straight-man
to the late-man:

"Where have you been?"

"I've been here and
I've been there and
I've been in between.
I talk to the wind, my words are all carried away.
I talk to the wind, the wind does not hear, the wind cannot hear.

I'm on the outside looking inside,
what do I see? Much confusion, disillusion
all around me.
I talk to the wind, my words are all carried away.
I talk to the wind, the wind does not hear, the wind cannot hear.

YOU DON'T POSSESS ME,
DON'T IMPRESS ME!
JUST UPSET MY MIND!
CAN'T INSTRUCT ME
OR CONDUCT ME!
JUST USE UP MY TIME!

I talk to the wind, my words are all carried away.
I talk to the wind, the wind does not hear, the wind can...

...Not here."




lunedì 17 ottobre 2011

giovanna senza l'arco

uno più uno più uno più uno
più uno più uno più uno più uno
fa

sono vecchia.
mi restano soltanto
sei ansie ansimanti ammassate in anse
ansie assennate
assonnate
ansie amate
ansie nate
morte.

nei miei barattoli conservo ceneri di cervo nero.
è scappato col pensiero, ha vissuto un giorno intero
poi è bruciato,
qualcuno diceva
ch'era spacciato. fritto, andato.
condannato.
consumato dalle fiamme,
- pensa un po' -
non ha fiatato.

ha soltanto salutato
con l'occhio sbarrato
il ricordo sfuocato
di esser stato liberato.
ma, caro cervo, hai sbagliato: ormai eri incendiato,
e tutto il resto
era già dimenticato.

ogni tanto, quando nessuno mi vede
parlo con le fate che ho ammazzato
con un semplicissimo non vi credo,
io piango loro ridono
e poi giochiamo a carte.
e poi io perdo loro vincono
e allora dico

sembra così lontano il tempo in cui saltavo
ad occhi chiusi giù dalle finestre,
pensando ad un ricordo felice,
decisa a volare,
sembra così lontano il tempo in cui cadevo
ad occhi chiusi nello stagno,
con chiuso negli occhi il mio ricordo felice
e il desiderio frustrato di volare
e lo stagno,
ora

cado ad occhi aperti
senza più salti, né finestre,
cado senza desideri
e i ricordi felici marciscono
nello stagno.

i've had my hair cut,
ho avuto i miei capelli tagliati.
e bruciati. bruciati come il cervo nero.
giovanna d'arco senza poesia,
non provo più niente per gli Inizi,
non salvo regni,
non vedo angeli,
non sfido Inquisizioni.
Appicco incendi banali,
docili,
i pompieri li scambiano per gattini,
e li aiutano a scendere
dagli alberi.

sì, sono giovanna d'arco
ma ho perso il mio arco,
l'ho perso in un parco
che sembrava proprio un bosco,
ma era solo un parco
giochi.

stupidamente stringo
ancora in mano le ultime frecce,
ma sono spuntate, invece
le trecce tagliate le ho lasciate
sul rogo.

volevo essere un uomo
un guerriero coraggioso, un tuono
terribile e magnifico
lucido
nel cielo di poitiers.

ma allora ero piccola,
e sono vecchia, ora.
una vecchia giovanna
senza l'arco,
una vecchia memoria
di pezzi sconnessi,
un vecchio cervo
nero
che si è sbagliato
una volta - e una volta di troppo -
riguardo ad un arco infuocato
in un parco.

e tutto il resto l'ho perso con l'arco oppure
più semplicemente
l'ho dimenticato.












martedì 13 settembre 2011

(bi) sogno di scrivere

Penso solo l'ombra rappresa sanguinante. Tesoro rotto
torna navigando dove vele levavano nomi misantropi. Pieno nome meritato, tolto.
Totalmente tersa, salmastra radura rammendata tace.
C'era raramente testo, storie ieri riscritte. Tentavo vocali lise, seguendo doni.
Nidi di diari ricalcavano nostri risi simultanei nei nei, né io osavo volerlo.
Loro rovinavano nodi di dita tagliate. Tessere reti ti tinge gesti stilizzati. Ti tira radici circolari.
Ridi di Dio?
Io, ovvio.
Violento torrenti timidi. Dimaco conosce certi tipi, più iugulatores respirano nottetempo.
Poveri veri ricchi. Chi chiama? Amaro rombo, bolle le lenticchie, chiede denaro.
Rovina nascosta, tagliente.
Tempo potato, tolto. Torto tornare.
Remo mozzo zoppica cadute testuali.
Libera ragioni nitide! Devi. Via iati tipici...Ciliegie! Ieri! Risa! Sassi! ...
...Sì, si simula la lama mascellare, regina.
Nascendo dobbiamo mostrare realismo mortale.
Le leve ve le levo volentieri...Ricominciamo!
Amor ora raschia schiavi avidi di dita.
Taci! ci circola la lava vacua, quasi sicuramente terrestre. Streghe. Ghettizzate. Temute.
Tenete! Testa tagliata.
Tacemmo. Mostrando dove vedevo volare relitti, ti tiravo.
Volevo voltare realtà.

venerdì 29 luglio 2011

La cintura di Orione

Una notte verrà e ti prenderà gli occhi,
sussurrava Merope ad Orione distratto.
Perché Orione guardava in alto
e non si girava,
Orione sognava
di essere una quercia,
e non si girava.

Quando poi si girò
vide
che la notte era venuta e gli aveva preso gli occhi,
Merope rideva, lo chiamava,
ma Orione guardava il bianco
sposo della notte
che portava al dito il suo occhio sinistro,
Orione lo guardava
e non si girò più.

Finché in quel bianco un punto nero
luminoso
cominciò a muoversi,
era l'occhio destro di Orione, distratto,
rotolato per sbaglio in una tasca
dell'abito vecchio
della notte.

Orione lo vide, lo chiamò
Artemide,
Artemide gli rispose,
Orione la riconobbe e ne fu tanto felice
che cadde. Orione distratto.

Una notte verrò e ti consolerò gli occhi,
cantava Artemide ad Orione distratto.
Perché Orione cadeva in alto
e non si girava,
Orione sognava
di essere uno sposo
-chiamava Artemide "mio occhio destro,
mio unico occhio"-
e non si girava.

Quando poi si girò
vide
che Artemide era venuta per consolargli gli occhi,
Artemide piangeva, lo chiamava,
ma Orione guardava il bianco
scorpione della notte,
che volava come freccia scagliata sul mare,
e l'arco era quello di Artemide,

Artemide piangeva -

il bianco
scorpione della notte trafiggeva -

Orione distratto
guardava il bianco -

scorpione della notte
e non si girava-

Orione guardava
Orione distrutto,
cadeva verso l'alto
e non si girava,

Orione sognava
di essere una stella
e allacciava in silenzio
il suo destino
-bianco-
come una cintura.

sabato 4 giugno 2011

luce elettrica

E così mi somministri all'improvviso

una notte in polvere.

Ma se ieri rideva come un mostro? Non te la ricordi.

Adesso è debole, derisa dalla luce elettrica

della civiltà.

Si nasconde in fondo agli angoli,

arretra, inciampa,

stanotte la notte balbetta ferita.

Una notte in polvere, da sciogliere in un bicchiere

che sorseggio insensibile,

meccanica. Una notte asettica. Leggera.

Perché mi porgi questo calice triste? Leggero, leggero.

Tu lo dimentichi mentre lo fai.

Perché dimentichi, ti chiedo.

Sorridi. Perché le cose passano.

Le cose, le ore, le storie, le persone.

Tutto passa, tutto in polvere, leggero, leggero.

Quindi lo dimentichi mentre lo fai,

ricordi in polvere, leggeri leggeri.

Tanto vale, vale tanto

poco. Ma perché

vale tanto poco?

E soprattutto perché allora

io do ancora i nomi alle cose

-alle ore, alle storie, alle persone? Perché io ricordo ancora?

Pesante, pesante

mi trascino in giro

il mio ridicolo carretto di reliquie. Ricordi gelati.

Che me ne faccio di tutta questa roba, mi chiedi.

Sorrido. Le faccio compagnia.

Ma intanto

la luce elettrica della civiltà mi incendia gli occhi

e arretro

e cerco gli angoli della polvere della notte.

Dal mio rifugio ti chiamo piano mentre

ti guardo danzare leggero (leggero) e scintillante,

in alto,

e non so raggiungerti

e non so dirti

e non puoi sentirmi

e non puoi

ricordarmi.

sabato 7 maggio 2011

self-righteous-suicide

eh sì
semprequì
va gamentepsì chedelicà

e comunque no non ho studiato molto oggi,
non ostante la cortesia delle mie
perifrastiche passive veloci.
il quattro è lì che si aspetta che chi l'ha scritto se lo legga, pure.
pure. quante pretese ste tesi d'oggi.

e poi ci ho daffare,
ci ho dappensare, io.
penso agli sbalzi di nomi,
alla pasta con i capperi e le alici,
alla coperta gialla,
al gatto dietro la scrivania,
alla tossi-città,
alla cantina,
agli acquedotti,
al silenzio sacro,
a gràmmata,
ai traghetti,
ai monologhi,

ai fallimenti.

Però soprattutto penso alla coniugazione odiativa propria.
odio odis odi odiatum
odiare i paradigmi, voglio tornare
ad odiare i paradigmi
all'inizio della quinta ginnasio.
a settembre della quinta ginnasio,
primi di ottobre uno
due tre quattro cinque sei sette otto nove dieci undici dodici tredici quattordici quindici sedici
diciassette
diciotto

dician
no.

vedo le stelle da qui, le vedi anche tu da lì?
no, scherzavo, vedo solo i tasti neri della tastiera nera da qui,
li vedi anche tu da lì?
vedi anche da lì?
(vedi anche dalì?
salutamelo.
salute.
grazie.
io non la saluto.
non si preoccupi signora, mi saluto da me.
mi saluto benissimo da me.)

e comunque no poi il cancello del cimitero non si è chiuso,
cioè sì, si è chiuso gneeeeeeeeeek,
ma c'era un bel pulsante giallo giallo
e l'ho schiacciato forte e non è successo niente
e ho pensato bè va bè il prato non manca,
ma poi dopo che l'ho pensato si è riaperto
ri-gneeeeeeeeeeek,
e sono uscita.

ma se era così facile, dico io, se era così facile
tu cosa stai aspettando da 2757 giorni?
tu hai trovato una bella scusa per restartene nel prato, dico io.

e comunque no non so cosa succederà dopo.
(do è perfettamente simmetrico a po
se usi il carattere giusto,
e do po aver scoperto questo ciò
devo dire che son soddisfaziò.)

e così via come in un incubo
come in un incupo in cui le cose si mangiano
una cosa dopo l'altra
una cosa sopra l'altra
una cosa copre l'altra
una cosa scava l'altra
una cosa dimentica l'altra,

ma adesso mi sveglio e non è più domenica.

mi sveglio.
impugno un pennello e mi trucco un po'.
nascondo le cicatrici per far svanire il...
mi riscuoto.
ma perché ho lasciato le chiavi sul tavolo?
ecco che creo un'altra favola.

no,
io volevo-
impugna un pennello e e truccati un po'!
-io volevo-
nascondi le cicatrici per far svanire il...riscuotiti!
-io volevo-
ma perché hai lasciato le chiavi sul tavolo?
-io volevo-

io non credo che tu abbia fede
nel mio suicidio moralista,
io piango
quando gli angeli meritano di morire.

padre, padre, padre, padre
papà io metto la mia anima nelle tue mani,
padre mio, nelle tue mani,
perché mi hai abbandonato?

abbandonato nei tuoi occhi
abbandonato nei tuoi pensieri,
abbandonato nel tuo cuore,

oh
abbi fede nel mio suicidio moralista,
io piango
quando gli angeli meritano
di morire.



mercoledì 4 maggio 2011

Occhi

(Il rigurgito delle ore serali
porta l'assalto di ciò che non ho fatto,
casella vuota,
fantasma sottile che insegna ai miei occhi
la misura esatta della distanza.)

Apprendere
dagli occhi stanchi,
stropicciati come naufraghi,
quanto misura la distanza
è un compito a casa
che mi ucciderà.

Perciò lo rimando,
aggrappandomi all'unica saggezza
che abbia mai coltivato,
la saggezza dello scolaro,
che dice non è per domani.

Appendere
negli occhi sciolti,
sbiaditi come annegati,
una bandiera bianca
a salutare la tua partenza
-un'altra partenza-
è un gesto simbolico
che mi soffocherà.

Perciò lo nascondo,
applicando l'unica tecnica
che abbia mai esercitato,
la tecnica del sofista,
che dice non gli occhi,
ma i capelli sono sciolti,
e non sbiaditi,
ma schiariti dal sole,
e non una bandiera,
ma un nastro bianco, va appeso,
e non la tua partenza,
ma il tuo arrivo, va salutato.

Arrendere
negli occhi spenti,
staccati come quadri,
i sogni alla ghigliottina
è l'atto irriducibile.

Perciò io lo riduco,
lo ridico ridicolo,
lo rido via,
una mano sugli occhi,
come dice il buffone.

sabato 23 aprile 2011

chimera

scrivere
scavare
scappare
sanguinare

non so più cosa voglio fare.

allora mi aaaaaaaaaaaaa r
rendo il maltolto.
rendo più semplici le cose.

"ora sono una chimera",
disse lui ridendo.
"ho due codici genetici diversi. ho un sangue che non è il mio sangue".

e ho due codici genetici diversi anch'io, ma uno sta crollando. e anch'io sono senza
il sangue del mio sangue.

chimera chiama chimera,
chimera chiama chimera,
chimera mi senti,
passo.

chimera è in avaria, passo.
chimera chiede aiuto immediato a chimera, passo.
chimera precipita, passo,
si schianterà al suolo, passo,
farà un rumore terribile, passo,
e intorno solo sangue e piume, passo,
chimera ha paura, passo,
chimera ti prego rispondimi, passo,
chimera ti prego rispondimi, passo,
chimera, ti prego...

pomodori rossi. dappertutto.
solo la fine.
e un sangue che non è il mio sangue.

giovedì 14 aprile 2011

noncompleanno

14 aprile.


3...2...1...SORPRESA!!! buon noncompleanno g.! hahahaha non te l'aspettavi, vero??? e invece, anche quest'anno...ta-daaaaaa!!! caspita, per te aprile è un mese davvero, davvero speciale!! due noncompleanni da festeggiare!!! e uno è...il doppio dell'altro!!! non è divertente?? quattordici più quattordici fa... ...ventotto!!! proprio così, non è incredibile, non è divertentissimo??? beh, del resto, april is the...

april is the cruellest month.

come dici, g.?

nascita e morte incatenate si trascinano nel mio cervello.

ma sai che non riesco proprio a sentirti?? per caso mi stai chiedendo una fetta di torta?? è qui, è per te, mangiala pure tutta!!!

nausea. enorme, incontrollabile, fino alle lacrime.
vomito pezzi di me e chiedo perdono e sputo e mi asciugo gli occhi e falsifico la firma
su libretto delle assenze.

ma come, g., non hai fame? non è da te. ho fatto la tua crostata preferita. arance amare.
che c'è, non ti piacciono più le arance?
o non sai più amare?

ti prego, smettila, sto cercando di...

di, che cosa? di fare finta di niente? di dimenticare?

di vomitare via questo giorno. ti prego.

non mi sembra, g. tu stai scappando, non stai affatto vomitando. non mi sembra che tu abbia pianto, oggi. non mi sembra che tu abbia ricordato. cos'è, è passato abbastanza tempo?

cinque anni...

sì, e ogni anno devi contarli sulle dita per sapere quanti siano. perché da sola non te lo ricordi mai. tu te lo dimentichi, g., tu vuoi dimenticarti di me, perché se mi dimentichi puoi finalmente essere innocente.

no, sei ingiusta, io mi ricordo di lui ogni giorno, e tu lo sai benissimo, io immagino ogni giorno...

questo lo so, g. fa parte del tuo gioco: è nel tuo copione di persona buona ricordarti di lui. lo so benissimo che lui lo ricordi spesso. ma non è questo il punto: tu dimentichi ME, g. io ero sua madre. è a me, che non puoi pensare per non impazzire.

tu non sei...tu non sei nessuno! smettila adesso, tu sei...tu sei me, io esisto, tu non esisti, d'accordo?

-SILENZIO-

(respira) questo è vero. hai ragione, io non sono nessuno, tu sei...tu sei una persona. io no. ma, g. ...(sorride) io non esisto perché tu mi hai uccisa. io...ho vissuto. ho sofferto, ho sperato, ho...ho implorato il tuo ascolto, il tuo aiuto, ma...ero troppo piccola, per te. troppo inessenziale. c'erano cose più importanti da dire, da fare, da diventare. tu ti sei girata e te ne sei andata dritta per la strada che hai scelto. mi hai lasciata lì da sola. tu quel giorno avevi la morfina, g. io no. io no: l'hai mai immaginato, questo?

-SILENZIO-

sapevi che ne sarei morta, tu...tu lo sapevi. ma non sei tornata indietro a prendermi.

io...ho...ho avuto paura...

certo. credi che io non ne avessi? eri tu quella forte, g. io ero solo sua madre.

-SILENZIO-

è per questo che...che te ne stai sempre lì, a guardarmi? perché non ti ho...guardata?

-SILENZIO-

sì. non mi hai guardata mentre ero viva. non mi hai guardata mentre morivo.

-SILENZIO-

e allora mi guardi tu, adesso. per sempre.

sì, g.

-SILENZIO-

ma ora mi sento molto stupida.

cosa intendi?

detto così è molto...infantile. non so, mi vergogno un po'. scusami.

tu che chiedi scusa a me?

-SILENZIO-

strano, vero?

già.

già.

-SILENZIO-

beh, comunque...la torta è qui.

sì.

hai ancora la nausea?

un po'. ma quella...quella nausea non passerà mai, vero?

(sorride dolce, triste) vero.

già, cominciavo a sospettarlo, sai...

-SILENZIO-

beh, a questo punto...possiamo anche mangiare una fetta di crostata, no?

a questo punto...

(sorridono in punta di piedi. si guardano.)

buon noncompleanno, g.

-SILENZIO-

(pianissimo) buon noncompleanno, g.






giovedì 31 marzo 2011

demotivational

E in questa calma perfetta anche la bibliografia sembra rotolarmi addosso come una valanga.
cataclismi nucleari e guerre, e qui solo
bolle di sapone.
sai a cosa pensa una bolla di sapone quando scoppia? a ciò che ha riflesso.
e poi che nulla è abbastanza leggero per lei, nemmeno l'aria.
mi chiedo se alla fine il canto abbia davvero tutta questa importanza.
mi sento come se qualcuno mi avesse aperto la gola
per annodarmi le corde vocali.
posso scrivere ma non posso creare più. nulla.
sai a cosa pensa una bomba quando scoppia? alla polvere.
e poi che nulla è abbastanza impalpabile per lei, nemmeno l'aria.
forse l'unico modo per amare davvero qualcuno
è andare in guerra, in trincea.
in trincea si ama senza riserve, perché di riserve non se ne hanno più. perché una promessa è moneta falsa,
se posso rimandarla all'infinito.
l'eternità stessa è moneta falsa; se avessi scritti in fronte
i giorni che mi restano da vivere non consumerei la felicità
senza coscienza. e in trincea
il numero più alto è uno.

sai a cosa pensa una centrale nucleare quando scoppia? all'atomo.
e poi che nulla è abbastanza innocente per lei, nemmeno l'aria.
il futuro si accartoccia
a Fukushima,
e poco prima
anche ad Hiroshima,
e a Nagasaki (ma
noi, qui in cima,
neanche una stima
perché cambi il clima,
non una sola minima
lima).

sai a cosa penso quando scoppio?

mercoledì 23 marzo 2011

una specie di "in memoria"

chissà come si scrive
ho sognato che eri morto adesso. adesso, capisci?
significa 22-14= 8, 8 anni di convivenza sullo stesso pulcioso pianeta
senza saperlo.
e sapere, poi, adesso -adesso!- che sei morto adesso e vederla, la tua faccia,
mentre muori. ma dopo che è già successo. dopo che è troppo tardi. un secondo troppo tardi.
gridavo come mai in nessun incubo.
nessun incubo ha mai riso così tanto di me.
perché? non lo so.
forse sono soltanto molto arrabbiata con te, cirillo.
se ti incontrassi per strada -se tu fossi vivo ora, se fosse tutta una montatura-
non ti illudere, non sarei sentimentale, ti ringhierei addosso otto anni di mancanza di te,
abbaierei come una lupa malata,
ti pungerei con le mie lacrime, le userei come frecce per farti male,
ti picchierei con tutta la mia forza e ti darei un morso da lasciarti un segno eterno,
prima di abbracciarti e di cadere ai tuoi piedi.
ai tuoi piedi, poi, resterei per sempre,
come quando da bambina mi avvinghiavo alle tue caviglie,
e tu camminavi lo stesso, con una piccola ma tenace me seduta sul piede.
mi hai lasciata che ero spezzata, e mi riparerai, ti dirò soltanto. come frida al contrario.
sono stufa di foto che sbiadiscono ma non invecchiano.
preferirei averti più vecchio e meno sbiadito.
no, hai ragione, tu non sei come le tue foto.
i giorni con te si allontanano, lasciandomi sempre un po' più vacillante, è vero,
ma tu non sbiadisci. si vede che sai che almeno questo
me lo devi.
ricordati sempre che me lo devi, ti prego,
ricordami sempre, cirillo.
sai, sono io che sbiadisco, e per riafferrare la mia immagine
ho bisogno che tu mi dedichi
una specie di "in memoria".

domenica 13 febbraio 2011

Una serata dentro, quasi come Pinter.

Cosa accadrebbe se domani
non ritrovassi più le tue mani?
Chiese il mio occhio destro al tuo orecchio sinistro.

Sai,
ho trovato un nuovo soprannome
per il mio gatto.
Lo chiamerò
Pansòn, come
Frida chiamava il suo
Diego Rivera.

CAZZO!
L'ACQUA BOLLE A CENTO GRADI,
IL LATTE...QUANDO TI GIRI!
La ballerina gridava
le leggi della chimica.

Cosa accadrebbe se domani
non ritrovassi più le tue mani?
Sussurrò la prima stella a destra
scoppiata di paura nella mia
sinapsi più salda.

La terra desolata è più cha altro persa,
sprecata, dissipata
come le mie emozioni. Waste.
Waste of...Space?
Senz'alberi. E le radici?
Le piante dei tuoi piedi la percorrono
e lasciano piccole tracce nella sabbia.
La sabbia è grande per forza.
Io sento
i miei granelli che colano come il passato,
aggrappati ai tuoi piedi, corrono con te.

Quasi come il sapone Ivory
sarà pulita la mia bomba atomica,
niente fallout,
niente
accensione dell'atmosfera,
-
this is the worst case analysis! -
soltanto un tremendo BLOP,
quasi come una bolla di sapone.

Quasi come una promessa.

Cosa accadrebbe se domani
non ricordassi più le mie mani?
Pianse la fotografia dimenticata
in cui tu mi sfiori le labbra e io sorrido e
chiudo gli occhi.

Poi ci sono i sogni
la lava, le rocce, le culle,
ma qui solo
le grida e i passi
al piano di sopra.

Cosa accadrebbe se domani
non ritornassi più alle tue mani?

sabato 29 gennaio 2011

Flash e Back. Punto.

C'era quell'enorme cono gelato finto
e le nostre labbra si muovevano senza suono
e io mi sentivo vuota.
Poi
la musica classica ha invaso tutta la piazza
e io sono rimasta sola
con la mia vaga claustragorafobia congenita,

che come i reumatismi

torna a galla quando piove,

che come il mal di mare

stringe in gola quando vuole.

La musica classica e la piazza chiusa a chiave,
e in bocca il sapore di plastica
come il cono gelato finto, enorme,
in bocca il sapore di un estraneo,
con le labbra che si muovono
ma non dicono
non dicono.

We're just two lost souls swimming in a fishbowl.

Non riuscivo a non guardarlo
menre
io non riuscivo a non guardarlo mentre
io non riuscivo a
non riuscivo a non guardarti
mentre

mi dispiace.
Io non sono come te.
Io sono di quelli che si voltano per guardarsi indietro
ad ogni passo.

sabato 22 gennaio 2011

tesi nessuna tesi

Che cosa vuol dire il vuoto
la paura sottile come le vene
soprattutto quando fuori sorridono sicuri
soprattutto quando guardo in silenzio.

E la tesi che non so dove cominciare,
che cosa vuol dire avere una tesi
se i pensieri si sciolgono al freddo,
non afferro mai niente
forse non esisto.

Proviamo allo specchio, vediamo se riflette almeno lui:

Poi non posso riferirmi a un io.
Io un a riferirmi posso non poi.

Tesi: nessuna tesi.
Tesi nessuna: tesi.

Quindi neanche
dimostrare di mostrare qualcosa. Allo specchio che non riflette.

lunedì 10 gennaio 2011

se nera mente

Mettiamoci qui e parliamone
mettiamoci qui e discutiamone,
siamo persone ragionevoli, no?
persone mature. questi sono problemi ridicoli, no?
mettiamoci qui e affrontiamo la questione.
con tranquillità.
con calma.
Serenamente.
cosa hai detto?
Serenamente.
Ah sì. giusto.
seneramente.

se nera mente ti prende
non c'è speranza che ti restituisca
al prorietario dei tuoi bit.
bit bit. bit bit. bit bit.
il cuore binario.
bit bit. bit. bit. bit bit.
il cuore è un binario
cha va avanti e ancora avanti verso non sai dove
tu gli dici
va beh però anche fermati ogni tanto, no?
e lui bit bit, bit bit, non gli frega niente, lui va
e tu attaccato per il petto, dietro, ad arrancare.

se nera mente ti prende
la notte si scava un angolo
e non per offrirti una tana, ma per mangiarti meglio.
ma senza drammi.
piano. con calma. con tranquillità. serenamente.

Ah sì, giusto.
Mettiamoci qui e parliamone.
Siamo persone adulte, no?
siamo persone, no?

(oh no, se nera mente, no.) ma senza drammi.

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