E così mi somministri all'improvviso
una notte in polvere.
Ma se ieri rideva come un mostro? Non te la ricordi.
Adesso è debole, derisa dalla luce elettrica
della civiltà.
Si nasconde in fondo agli angoli,
arretra, inciampa,
stanotte la notte balbetta ferita.
Una notte in polvere, da sciogliere in un bicchiere
che sorseggio insensibile,
meccanica. Una notte asettica. Leggera.
Perché mi porgi questo calice triste? Leggero, leggero.
Tu lo dimentichi mentre lo fai.
Perché dimentichi, ti chiedo.
Sorridi. Perché le cose passano.
Le cose, le ore, le storie, le persone.
Tutto passa, tutto in polvere, leggero, leggero.
Quindi lo dimentichi mentre lo fai,
ricordi in polvere, leggeri leggeri.
Tanto vale, vale tanto
poco. Ma perché
vale tanto poco?
E soprattutto perché allora
io do ancora i nomi alle cose
-alle ore, alle storie, alle persone? Perché io ricordo ancora?
Pesante, pesante
mi trascino in giro
il mio ridicolo carretto di reliquie. Ricordi gelati.
Che me ne faccio di tutta questa roba, mi chiedi.
Sorrido. Le faccio compagnia.
Ma intanto
la luce elettrica della civiltà mi incendia gli occhi
e arretro
e cerco gli angoli della polvere della notte.
Dal mio rifugio ti chiamo piano mentre
ti guardo danzare leggero (leggero) e scintillante,
in alto,
e non so raggiungerti
e non so dirti
e non puoi sentirmi
e non puoi
ricordarmi.
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