con
questa lucida rabbia selvaggia che non la molla
g. sevizia le ultime ore dell'anno.
sta diventando crudele?
definizione di rancore: rabbia andata a male, infetta, imputridita.
sta diventando vecchia?
"buon anno buon anno vaffanculo."
chissà perché, è la fine che alla fine non sopporta,
ma è l'infinito a terrorizzarla. quesito interessante.
denota un'evidente irrisolvibile incoerenza.
definizione di fine: assurdo. (de-finizione di-fine).
definizione di eternità: disumano.
definizione di uomo: sisifo.
g. sevizia le ultime ore dell'anno.
ha l'atteggiamento arrogante di chi disprezza
le cose che concede la generosa Provvidenza.
sta diventando superba?
definizione di dolore: (non pervenuta).
"come stai? bene tu? come stai? bene tu? come stai? bene tu?"
g. ride e piange senza motivo e sembra non capire più
il linguaggio umano. non risponde alle domande,
e fa domande a cui non si può rispondere.
sta diventando pazza?
definizione di incapacità.
g. perde tempo, e nel tempo perde spazio
e nello spazio si stacca dalla realtà.
g. chiude le porte normali
perché crede di poter aprire le porte speciali.
sa che non è vero, ma lo crede.
definizione di ateismo: coraggio, orgoglio.
luci-fero è l'uomo nell'uomo,
è l'umanità fiera di essere soltanto umana,
luci-fero è la vertigine di debolezza,
luci-fero è amore di ciò che è fragile.
g. ama solo ciò che è fragile.
g. ama l'uomo?
g. è luci-fero?
quesito interessante.
g. si alza e scende giù nel baratro
scende su fino in cima alla collina.
lì g. si benda
e gioca a mosca cieca con i suoi ricordi.
ma li trova così stanchi, stanchi, oggi...
...ridono debolissimi per consolarla,
come foglie morte.
quando poi arretrando cadono giù dalla collina,
g. è bendata e non riesce a prenderli.
non riesce a prenderli.
non riesce a prenderli.
definizione di sconfitta.
ucronista

- iskariel
- Paris, France
- Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...
tempi persi
venerdì 31 dicembre 2010
giovedì 9 dicembre 2010
come mai. non so più come mai.
e così è vero ci sono andata davvero
davvero da sola.
All'Encrier sembrava fossi a casa.
Strano animale che si ciba da solo e si guarda intorno con occhi spalancati
che gridano "entrate!"
e un sorriso come se vivesse in una favola.
Strano animale straniero che non conosce nulla
e sembra riconoscere tutto.
Strano animale a Trocadero come se i sogni si potessero toccare.
In questo sogno faceva freddo
e si camminava per chilometri lungo i boulevard o per i vicoli o anche sottoterra
ma non si faceva mai fatica,
in questo sogno ci si dimenticava di pranzare e si rimediava con una baguette alle cinque
buonissima
in questo sogno si era estranei e soli
ma in connessione con ogni frammento
di mondo esterno, come mai,
con ogni frammento, come mai,
con ogni frammento
di Parigi.
Come mai.
Non so più come mai.
Però quelle chance. Quelle chance, d'avoir été labas.
Sono in fuga dalla mia vita?
Ah, sì?
Oui, ça peut etre.
Comme tous, d'ailleurs.
Come tutti, del resto.
Non so più come mai.
Però, quelle chance!
davvero da sola.
All'Encrier sembrava fossi a casa.
Strano animale che si ciba da solo e si guarda intorno con occhi spalancati
che gridano "entrate!"
e un sorriso come se vivesse in una favola.
Strano animale straniero che non conosce nulla
e sembra riconoscere tutto.
Strano animale a Trocadero come se i sogni si potessero toccare.
In questo sogno faceva freddo
e si camminava per chilometri lungo i boulevard o per i vicoli o anche sottoterra
ma non si faceva mai fatica,
in questo sogno ci si dimenticava di pranzare e si rimediava con una baguette alle cinque
buonissima
in questo sogno si era estranei e soli
ma in connessione con ogni frammento
di mondo esterno, come mai,
con ogni frammento, come mai,
con ogni frammento
di Parigi.
Come mai.
Non so più come mai.
Però quelle chance. Quelle chance, d'avoir été labas.
Sono in fuga dalla mia vita?
Ah, sì?
Oui, ça peut etre.
Comme tous, d'ailleurs.
Come tutti, del resto.
Non so più come mai.
Però, quelle chance!
domenica 7 novembre 2010
sans
avec un ciel si bas qu'un canal s'est perdu,
avec un ciel si bas qu'il fait l'humilité,
avec un ciel si gris qu'un canal s'est pendu,
avec un ciel si gris qu'il faut lui pardonner.
con un cielo così basso che mi sono perduta, con un cielo così grigio che mi sono impiccata...
che bisogna perdonarlo, che bisogna perdonarmi.
con le cose da fare e le parole da dire
con le ore da impiegare per un fine superiore
più importante, è più importante laurearsi
che pensare.
con una strada gocciolante di pioggia che non cade
ma che aspetta il momento in cui
sarà caduto tutto il resto,
con un occhio carico di pioggia e uno
che è sempre rivoltato verso dentro,
con il dentro che tanto poi non c'è
con tutto il resto che ci sarà a parte te,
con tutto il resto che ci sarà a parte te - con tutto il resto che ci sarà a parte me.
con la vertigine di debolezza
che prende in mano il martello e distrugge,
filosofiamo col martello in una mano, amiamo col martello
nel cuore, per fare a pezzi tutto quello che prova a nascere...
con la vertigine di solitudine che finalmente
è dio, che finalmente
ha avuto libagioni per lei.
con la casa allagata
e le mani asciutte
con gli occhi lontani
e le mani bloccate
con il demone ferito
e le mani sospese
nel vuoto
con un appiglio
che non c'è più.
avec un ciel si bas qu'il fait l'humilité,
avec un ciel si gris qu'un canal s'est pendu,
avec un ciel si gris qu'il faut lui pardonner.
con un cielo così basso che mi sono perduta, con un cielo così grigio che mi sono impiccata...
che bisogna perdonarlo, che bisogna perdonarmi.
con le cose da fare e le parole da dire
con le ore da impiegare per un fine superiore
più importante, è più importante laurearsi
che pensare.
con una strada gocciolante di pioggia che non cade
ma che aspetta il momento in cui
sarà caduto tutto il resto,
con un occhio carico di pioggia e uno
che è sempre rivoltato verso dentro,
con il dentro che tanto poi non c'è
con tutto il resto che ci sarà a parte te,
con tutto il resto che ci sarà a parte te - con tutto il resto che ci sarà a parte me.
con la vertigine di debolezza
che prende in mano il martello e distrugge,
filosofiamo col martello in una mano, amiamo col martello
nel cuore, per fare a pezzi tutto quello che prova a nascere...
con la vertigine di solitudine che finalmente
è dio, che finalmente
ha avuto libagioni per lei.
con la casa allagata
e le mani asciutte
con gli occhi lontani
e le mani bloccate
con il demone ferito
e le mani sospese
nel vuoto
con un appiglio
che non c'è più.
sabato 6 novembre 2010
a part toi.
Même soleil d'hiver,
mêmes bruits de brindilles,
le bout des doigts glacé,
le givre sur les grilles...
Mêmes odeurs d'humus,
la terre qui se terre...
...Tout y sera. Tout y sera,
a part toi.
Parc de la Pépinière, fin de semaine,
encore une heure, encore une heure à peine,
encore une heure de jour et la nuit vient.
Même température,
le mercure à zéro,
même mélancolie fauve
au portillon du zoo,
mêmes parents pressés,
leurs enfants en manteaux...
...Tout y sera, tout y sera.
A part toi.
Parc de la Pépinière, fin de semaine,
encore une heure, encore une heure à peine,
encore une heure de jour et la nuit vient.
J'aurais beau décalquer,
refaire les mêmes parcours,
reprendre les mêmes allées
au mêmes heures du jours...
J'aurais beau être la même.
J'aurais beau être belle...
...Tout y sera, tout y sera
a part toi.
Parc de la Pépinière, fin de semaine,
encore une heure, encore une heure à peine,
encore une heure de jour et la nuit vient...
Et la nuit vient. Et puis, rien.
http://www.youtube.com/watch?v=VHTQ1KWV8w4
mêmes bruits de brindilles,
le bout des doigts glacé,
le givre sur les grilles...
Mêmes odeurs d'humus,
la terre qui se terre...
...Tout y sera. Tout y sera,
a part toi.
Parc de la Pépinière, fin de semaine,
encore une heure, encore une heure à peine,
encore une heure de jour et la nuit vient.
Même température,
le mercure à zéro,
même mélancolie fauve
au portillon du zoo,
mêmes parents pressés,
leurs enfants en manteaux...
...Tout y sera, tout y sera.
A part toi.
Parc de la Pépinière, fin de semaine,
encore une heure, encore une heure à peine,
encore une heure de jour et la nuit vient.
J'aurais beau décalquer,
refaire les mêmes parcours,
reprendre les mêmes allées
au mêmes heures du jours...
J'aurais beau être la même.
J'aurais beau être belle...
...Tout y sera, tout y sera
a part toi.
Parc de la Pépinière, fin de semaine,
encore une heure, encore une heure à peine,
encore une heure de jour et la nuit vient...
Et la nuit vient. Et puis, rien.
http://www.youtube.com/watch?v=VHTQ1KWV8w4
mercoledì 3 novembre 2010
Sette ridicole coincidenze sulle spalle di San Francesco.
ci sono i ricordi delle ombre scomposte, dei disegni sulle lenzuola e di tutto quello che non ci dicevamo mai.
ti ricordi tutto quello che non ci dicevamo mai?
io sì.
ricordo che sorridevamo, ci baciavamo per non dirlo, oh no, non dirlo !
una volta detta, una cosa, è fatta, e non si torna indietro !
se non dici non è.
se non dici è forse sì e forse no e forse c'è ancora aria per vivere insieme ancora un po'. ancora
solo un po'.
in fondo non ci è mai importato di nient'altro. ancora solo un po'.
il miele ha sospeso la realtà,
il miele è impermeabile ai fatti. e li tiene fuori.
e noi dentro. come due pesci. nella palla. a dirci tutto, ma tutto tranne l'ultima parola.
e poi correre, correre giù dalle scale a purificarmi nel buio, fuori,
oltre il rifugio del nido di miele,
con quel terrore che divora i nervi,
il terrore di sentirsela sulle labbra, l'ultima parola,
mangiala, ingoiala di nuovo, non adesso,
non ancora,
per pietà, ancora un po', ancora solo un po'.
adesso
ci sono questi giorni assediati dal passato.
tutto questo passato che alza la mano, dice presente, mi fa l'occhiolino.
e ride e ride mentre esclama einmal ist keinmal ! ,
e allora eccola qui, la giostra sgargiante dell'Eterno Ritorno,
e sì, io dico sempre di sì, perché non so dire altro che sì,
sì, ritorna, e ritorna anche tu, e, sì, anche tu, anche tu, sì, sì,
ritornate tutti perché io non faccio che ritornare da voi,
mie piccole amate Ombre,
SI!
vi farò a pezzi
fatemi a pezzi
e sarò vostra per sempre
di nessuno per sempre
passerò tutta l'eternità nelle Prigioni,
tutta l'eternità a ritornare e ritornare
passerò tutta l'eternità,
muss es sein? es muss sein!
e che sia allora, che sia quel che non è più che sia quel che non sarà,
ES MUSS SEIN! ES MUSS SEIN!
pesantezza
e
ridicole coincidenze,
e ridicole coincidenze sulle spalle di San Francesco
sette ridicole coincidenze.
troppo pesanti per lui, troppo leggere, troppo pesanti, troppo leggere, troppo pesanti,
veramente troppo leggere per lui.
ti ricordi tutto quello che non ci dicevamo mai?
io sì.
ricordo che sorridevamo, ci baciavamo per non dirlo, oh no, non dirlo !
una volta detta, una cosa, è fatta, e non si torna indietro !
se non dici non è.
se non dici è forse sì e forse no e forse c'è ancora aria per vivere insieme ancora un po'. ancora
solo un po'.
in fondo non ci è mai importato di nient'altro. ancora solo un po'.
il miele ha sospeso la realtà,
il miele è impermeabile ai fatti. e li tiene fuori.
e noi dentro. come due pesci. nella palla. a dirci tutto, ma tutto tranne l'ultima parola.
e poi correre, correre giù dalle scale a purificarmi nel buio, fuori,
oltre il rifugio del nido di miele,
con quel terrore che divora i nervi,
il terrore di sentirsela sulle labbra, l'ultima parola,
mangiala, ingoiala di nuovo, non adesso,
non ancora,
per pietà, ancora un po', ancora solo un po'.
adesso
ci sono questi giorni assediati dal passato.
tutto questo passato che alza la mano, dice presente, mi fa l'occhiolino.
e ride e ride mentre esclama einmal ist keinmal ! ,
e allora eccola qui, la giostra sgargiante dell'Eterno Ritorno,
e sì, io dico sempre di sì, perché non so dire altro che sì,
sì, ritorna, e ritorna anche tu, e, sì, anche tu, anche tu, sì, sì,
ritornate tutti perché io non faccio che ritornare da voi,
mie piccole amate Ombre,
SI!
vi farò a pezzi
fatemi a pezzi
e sarò vostra per sempre
di nessuno per sempre
passerò tutta l'eternità nelle Prigioni,
tutta l'eternità a ritornare e ritornare
passerò tutta l'eternità,
muss es sein? es muss sein!
e che sia allora, che sia quel che non è più che sia quel che non sarà,
ES MUSS SEIN! ES MUSS SEIN!
pesantezza
e
ridicole coincidenze,
e ridicole coincidenze sulle spalle di San Francesco
sette ridicole coincidenze.
troppo pesanti per lui, troppo leggere, troppo pesanti, troppo leggere, troppo pesanti,
veramente troppo leggere per lui.
giovedì 21 ottobre 2010
Tanto tanto lontano da qui.
C'era una volta, tanto tanto lontano da qui, un regno bellissimo e pieno di fiori.
Girasoli, margherite, tulipani, gigli, e così tanti fiori che non hanno più nome, ora, qui da noi.
E anche i colori, così tanti colori che ora, qui da noi, a confronto siamo ciechi, così belli che a sentirne il suono scoppieremmo a piangere commossi e tremanti.
In questo regno bellissimo pieno di fiori abitava una bambina che non era una principessa, ma che era felice più che se lo fosse, perchè era libera, era la bambina più felice e libera e colorata del regno più felice e libero e colorato dell'epoca più felice e libera e colorata che sia mai esistita e che mai esisterà.
Questa bambina naturalmente cavalcava un unicorno magico, la cosa che più le piaceva al mondo era farsi portare in giro dal suo unicorno, ma in realtà l'unicorno era il suo papà, e a nessuno dei due era mai venuto in mente che la differenza di specie potesse essere un problema a questo proposito.
Loro andavano velocissimi e i viali del regno sembravano infiniti, l'ho detto, c'erano fiori coloratissimi dappertutto, e a mano a mano che loro cavalcavano i fiori si trasformavano, e ogni volta loro lanciavano grida di gioia e di stupore, perchè ogni volta quella bellezza giungeva inaspettata, sembrava lì proprio per loro, ma in realtà era lì per caso, perchè in quel regno le cose andavano così senza forzature, e loro lo sapevano ed era per questo che era tutto così miracoloso.
Poi va beh, è arrivata la fine, e la fine ha spazzato via per sempre il regno più felice e libero e colorato. L'unicorno è morto perchè senza fiori il suo cuore è scoppiato di nostalgia. E la bambina più felice e libera e colorata ormai è cresciuta, si è sporcata, annerita, è cambiata tanto ma così tanto che mai e poi mai potresti riconoscerla, ha continuato a sorridere perchè pensava che un giorno i colori sarebbero tornati, ma poi ha capito, ha capito di aver perduto tutto e allora ha smesso di sognare e ha imparato a mentire. Fine.
Ma come? La fne? Di già? Ma che razza di favola è questa? Ma se ancora non è successo niente?
Già, il punto è questo.
Il punto è a questo punto della favola, non succede niente e il punto arriva puntuale, affilato, preciso e irreversibile.
Fine.
(E' proprio finito tutto, Alma, mi dispiace. Appassirai con le altre foglie, ai ricordi più fragili succede sempre così. Non è colpa tua, sospetto che sia colpa mia. Ma ormai è andata.)
Fine.
Girasoli, margherite, tulipani, gigli, e così tanti fiori che non hanno più nome, ora, qui da noi.
E anche i colori, così tanti colori che ora, qui da noi, a confronto siamo ciechi, così belli che a sentirne il suono scoppieremmo a piangere commossi e tremanti.
In questo regno bellissimo pieno di fiori abitava una bambina che non era una principessa, ma che era felice più che se lo fosse, perchè era libera, era la bambina più felice e libera e colorata del regno più felice e libero e colorato dell'epoca più felice e libera e colorata che sia mai esistita e che mai esisterà.
Questa bambina naturalmente cavalcava un unicorno magico, la cosa che più le piaceva al mondo era farsi portare in giro dal suo unicorno, ma in realtà l'unicorno era il suo papà, e a nessuno dei due era mai venuto in mente che la differenza di specie potesse essere un problema a questo proposito.
Loro andavano velocissimi e i viali del regno sembravano infiniti, l'ho detto, c'erano fiori coloratissimi dappertutto, e a mano a mano che loro cavalcavano i fiori si trasformavano, e ogni volta loro lanciavano grida di gioia e di stupore, perchè ogni volta quella bellezza giungeva inaspettata, sembrava lì proprio per loro, ma in realtà era lì per caso, perchè in quel regno le cose andavano così senza forzature, e loro lo sapevano ed era per questo che era tutto così miracoloso.
Poi va beh, è arrivata la fine, e la fine ha spazzato via per sempre il regno più felice e libero e colorato. L'unicorno è morto perchè senza fiori il suo cuore è scoppiato di nostalgia. E la bambina più felice e libera e colorata ormai è cresciuta, si è sporcata, annerita, è cambiata tanto ma così tanto che mai e poi mai potresti riconoscerla, ha continuato a sorridere perchè pensava che un giorno i colori sarebbero tornati, ma poi ha capito, ha capito di aver perduto tutto e allora ha smesso di sognare e ha imparato a mentire. Fine.
Ma come? La fne? Di già? Ma che razza di favola è questa? Ma se ancora non è successo niente?
Già, il punto è questo.
Il punto è a questo punto della favola, non succede niente e il punto arriva puntuale, affilato, preciso e irreversibile.
Fine.
(E' proprio finito tutto, Alma, mi dispiace. Appassirai con le altre foglie, ai ricordi più fragili succede sempre così. Non è colpa tua, sospetto che sia colpa mia. Ma ormai è andata.)
Fine.
domenica 17 ottobre 2010
diciassette ottobre
bang bang
i shot you down
bang bang
you hit the ground
bang bang
that awful sound
bang bang
i used to shoot you down
sì, e poi
bang bang
he shot me down
bang bang
i hit the ground
bang bang
that awful sound
bang bang
my baby shot me down...
sì, è vero...e poi? e poi? e poi?
now he's gone, i don't know why,
and till this day sometimes i cry
he dindn't even say goodbye,
he dindn't take the time to lie... ...bang bang...
o sono io? che me ne vado sempre? senza neanche dire addio?
senza prendermi il tempo di mentire?
bang bang...
e in fondo non lo so, in fondo sento che io sono rimasta al diciassette ottobre
-dove se ne sono andati sette anni?-
il diciassette ottobre lui ha preso la valigia e ha aperto la porta della cucina,
io ero al tavolo della cucina
e studiavo paradigmi di verbi greci, capisci,
io studiavo paradigmi di verbi greci
e lui se ne andava e se ne andava e se ne andava
e, oh, un'azione così puntuale a me ora sembra così
insostenibilmente continuata, perché?
è duarato secoli il suo andarsene se lo ripenso ora,
anzi, di più, non è mai finito,
un eterno imperfetto
se ne andava e se ne andava e se ne andava
e sette anni ora mi fanno ridere dal piangere...
bang bang
i'll shoot you down bang bang
you'll hit the ground bang bang
that awful sound bang bang
i'll always shoot you down,
perchè sarò sempre bloccata al diciassette ottobre,
e morirò sempre del suono del tuo cadere per me
quindi per favore ti prego ti prego -
scappa. lontano. ora.
i shot you down
bang bang
you hit the ground
bang bang
that awful sound
bang bang
i used to shoot you down
sì, e poi
bang bang
he shot me down
bang bang
i hit the ground
bang bang
that awful sound
bang bang
my baby shot me down...
sì, è vero...e poi? e poi? e poi?
now he's gone, i don't know why,
and till this day sometimes i cry
he dindn't even say goodbye,
he dindn't take the time to lie... ...bang bang...
o sono io? che me ne vado sempre? senza neanche dire addio?
senza prendermi il tempo di mentire?
bang bang...
e in fondo non lo so, in fondo sento che io sono rimasta al diciassette ottobre
-dove se ne sono andati sette anni?-
il diciassette ottobre lui ha preso la valigia e ha aperto la porta della cucina,
io ero al tavolo della cucina
e studiavo paradigmi di verbi greci, capisci,
io studiavo paradigmi di verbi greci
e lui se ne andava e se ne andava e se ne andava
e, oh, un'azione così puntuale a me ora sembra così
insostenibilmente continuata, perché?
è duarato secoli il suo andarsene se lo ripenso ora,
anzi, di più, non è mai finito,
un eterno imperfetto
se ne andava e se ne andava e se ne andava
e sette anni ora mi fanno ridere dal piangere...
bang bang
i'll shoot you down bang bang
you'll hit the ground bang bang
that awful sound bang bang
i'll always shoot you down,
perchè sarò sempre bloccata al diciassette ottobre,
e morirò sempre del suono del tuo cadere per me
quindi per favore ti prego ti prego -
scappa. lontano. ora.
martedì 14 settembre 2010
una vendetta
stamattina in biblioteca ho cominciato a tremare.
il libro ha trecento pagine e non ce la farò, come non ce la farò per tutto il resto.
l'emicrania pestava i piedi e io tremavo d'angoscia.
non sono abbastanza
costante, intelligente, talentuosa, tenace, forte, sicura, chiara.
non sono abbastanza. e me l'hanno già dimostrato.
e ora lo dimostrerò anch'io.
e lo dimostravano stamattina in biblioteca il fiato corto e i nervi contratti in congiura
e il bisogno represso di piangere.
credo che non si possa capire, e che sembri molto stupido da parte mia.
anche a me sembra molto stupido, e questo non fa che peggiorare le cose.
mi dispiace, sono mesi che sto cadendo, e non riesco a fermarmi,
forse il problema è che non voglio davvero fermarmi,
forse il problema è che non credo ne valga la pena.
per chi? per che cosa? che bisogno c'è di qualunque cosa, che bisogno c'è di me?
stamattina in biblioteca ho cominciato a tremare.
il libro ha trecento pagine.
e io non ce la faccio.
tradisco tutto perchè forse mi sto vendicando.
mi vendico en foutant tout en l'air.
uccidermi è il mio perverso modo di rimediare alla perdita,
à l'irrimediable.
il libro ha trecento pagine e non ce la farò, come non ce la farò per tutto il resto.
l'emicrania pestava i piedi e io tremavo d'angoscia.
non sono abbastanza
costante, intelligente, talentuosa, tenace, forte, sicura, chiara.
non sono abbastanza. e me l'hanno già dimostrato.
e ora lo dimostrerò anch'io.
e lo dimostravano stamattina in biblioteca il fiato corto e i nervi contratti in congiura
e il bisogno represso di piangere.
credo che non si possa capire, e che sembri molto stupido da parte mia.
anche a me sembra molto stupido, e questo non fa che peggiorare le cose.
mi dispiace, sono mesi che sto cadendo, e non riesco a fermarmi,
forse il problema è che non voglio davvero fermarmi,
forse il problema è che non credo ne valga la pena.
per chi? per che cosa? che bisogno c'è di qualunque cosa, che bisogno c'è di me?
stamattina in biblioteca ho cominciato a tremare.
il libro ha trecento pagine.
e io non ce la faccio.
tradisco tutto perchè forse mi sto vendicando.
mi vendico en foutant tout en l'air.
uccidermi è il mio perverso modo di rimediare alla perdita,
à l'irrimediable.
lunedì 5 luglio 2010
ll sole? E allora? Così torno. Scrivo.
Non riesco a formulare un'introduzione coerente.
Ho ritrovato stralci di cose scritte negli ultimi anni, e mi sono resa conto dei pochi passi fatti in avanti, e dei molti indietro e in tondo, soprattutto.
L'Uroboro è molto soddisfatto e mi guarda sogghignando "Che ti dicevo, che ti dicevo?".
-Poco prima della Fine, i suoi passi.-
"Il sole non batte più forte sulla mia schiena. Sta tramontando. Qui sul ponte comincia a fare freddo. Mi sono seduta, poi mi sono raggomitolata a terra, per scaldarmi un po'.
Comincia a fare buio. Canticchio qualcosa per sentire meno il silenzio. Sogno qualcosa per sentire meno il non-senso. E il rumore del ponte che scricchiola. Il dolore, l'avevo già previsto, non ha importanza. Solo che il ponte sta per crollare, e io dovrei alzarmi e decidere. Ma non ne ho la forza. Sto qui, canticchio e tremo, e aspetto che, insieme al ponte, l'acqua gelida del fiume porti via anche me."
-Vigliaccheria.-
"E allora mi chiedo: che diavolo sto facendo? Perchè inizio sempre e non finisco mai? Scrivo, scrivo fiumi di puttanate inconcluse, ma non so rinunciare a questa dolcezza antica.
Kòsmos e Kàos non decidono
l'esito della loro partita.
Io attendo, sospesa."
-Solipsismo al limite.-
"Così torno a spremere queste povere sillabe inutili.
Spero in un'illuminazione filosofica
letteraria
divina
sciamanica
artistica
teologica...
Spero, come tutti, di non naufragare. In questo bianco di annegati.
Fili di me si sfilacciano, pigri e inesorabili. L'inutilità che nausea è la condizione invariata.
Così torno a torturare il tempo,
le sua pieghe di incubo, di sogno perso.
Concludo che l'egoismo è più forte di tutto,
due anime non possono toccarsi. Ma possono uccidersi.
Datemi un pozzo profondo d'oblio.
L'antica preghiera.
Due anime non possono capirsi, ma possono logorarsi.
Ognuna cristallizzata nel suo Dolore.
Ognuna muta e sorda.
L'antica speranza è bianca, come una primavera che non torna.
Si dice di amare. Ma non se ne è capaci. Si passa la vita
tra piccole tragedie private
ed enorme nulla.
La realtà è vuota, e se la ride. Di tutti.
Io non sento
nessuna appartenenza. Nessuna fratellanza.
Non sento universalità.
A lungo andare, essere singoli individui stanca, pesa, pesa come un macigno di diritti e di doveri
che non sai
chi ti ha dato, e perchè. E per farne cosa.
Coscienza,
coscienza individuale incerta di Giusto e Sbagliato, coscienza collettiva di gregge. Impecorita.
L'unica possibilità di Salvezza
sta nella cecità.
Ma io la rifiuto, la rifiuto,
e mi brucio gli occhi, e le vene sature.
E' possibile vivere senza dei e senza miti?
Nella consapevolezza del proprio non sapere, non potere, non arrivare?
Non arrivare mai all'Altro. Non vivere mai ciò che l'Altro vive. Non si rischia di ammattire, di ritirarsi in volontario esilio, pur di smettere subito la patetica finzione di una qualche sumpàtheia?
Amico mio, amore mio, figlio mio...Quante immagini di cartavelina.
Dov'è, l'essenziale?
Se alla fine contano soltanto i mind-gorillas.
E ogni miracoloso rapporto umano che si compone di assoluto,
ogni inaudita lacerazione nella maglia naturale
che fa passare, fa esistere, due esseri che
(al di là di ogni meschinità, interesse, parzialità, compromesso,
al di là di ogni tornaconto,
di ogni insano desiderio di cambiarsi,
di plasmarsi a vicenda in qualche cosa d'altro (di più facile da amare!)),
sono davvero legati in un solo sentire...Viene reciso. Reciso, interrotto, mutilato.
E avanti così, in un labirinto di Essenze dimezzate, illuse che il Gioco di Prestigio della comunicazione possa davvero renderle meno sole...E anche la mia.
Anche la mia sconosciuta, latente essenza, combatte per non dimenticare chi è,
pur sapendo già
che già non lo sa più..."
-Alcohol, Shakespeare e macabre danze sui resti del mio cervello.-
"Scrivo se no tra qualche ora non ricordo.
Sono ubriaca.
Sono felice.
Sono colpevole.
Sono sbagliata,
non sono programmata
per vivere
fino a domattina.
Mento dicendo il vero.
Sono overthrown,
over sconvolta
ormai sovvertita
ormai a pezzi
ormai perduta e cattiva.
Non spero di migliorare
non spero più
vorrei ballare e cantare stanotte
e bere ancora.
Non credo di poter dormire, come Macbeth con le mani,
DI CHI SONO QUESTE MANI?
DI CHI QUESTA ANIMA?
Dov'è la mia essenza?
Dispersa
dimenticata
un po' a te, un po' a te,
eccomi qua
ora potete odiarmi e farmi vedere l'effetto che fa,
eccomi qua
questa è la verità
salvatevi da me
salvatemi da me
per favore
per favore
andate lontani e lasciate che io
mi disintegri da sola
lasciate che anneghi, questo guanto,
voglio soltanto il mare a guardarmi.
(eppure vi chiedo di restare e capire, vi imploro di non cacciarmi via dalla vostra vita, perchè la mia è tanto inutile e io senza di voi sono tanto triste; eppure vi chiedo di non odiarmi anche se sono così orrenda e piena di sangue io spero che voi vediate ancora il mio volto oltre la nebbia degli atti sconnessi...)
Come se avessi perso il mio viso,
come se un pugno troppo forte me lo avesse sconvolto per sempre,
non so più guardarmi
non so più nulla di me
non mi voglio più,
oh, se stanotte mi inghiottisse
allora sì che dormirei felice.
Ma ho ucciso il sonno! Ho ucciso il sonno!"
Ho ritrovato stralci di cose scritte negli ultimi anni, e mi sono resa conto dei pochi passi fatti in avanti, e dei molti indietro e in tondo, soprattutto.
L'Uroboro è molto soddisfatto e mi guarda sogghignando "Che ti dicevo, che ti dicevo?".
-Poco prima della Fine, i suoi passi.-
"Il sole non batte più forte sulla mia schiena. Sta tramontando. Qui sul ponte comincia a fare freddo. Mi sono seduta, poi mi sono raggomitolata a terra, per scaldarmi un po'.
Comincia a fare buio. Canticchio qualcosa per sentire meno il silenzio. Sogno qualcosa per sentire meno il non-senso. E il rumore del ponte che scricchiola. Il dolore, l'avevo già previsto, non ha importanza. Solo che il ponte sta per crollare, e io dovrei alzarmi e decidere. Ma non ne ho la forza. Sto qui, canticchio e tremo, e aspetto che, insieme al ponte, l'acqua gelida del fiume porti via anche me."
-Vigliaccheria.-
"E allora mi chiedo: che diavolo sto facendo? Perchè inizio sempre e non finisco mai? Scrivo, scrivo fiumi di puttanate inconcluse, ma non so rinunciare a questa dolcezza antica.
Kòsmos e Kàos non decidono
l'esito della loro partita.
Io attendo, sospesa."
-Solipsismo al limite.-
"Così torno a spremere queste povere sillabe inutili.
Spero in un'illuminazione filosofica
letteraria
divina
sciamanica
artistica
teologica...
Spero, come tutti, di non naufragare. In questo bianco di annegati.
Fili di me si sfilacciano, pigri e inesorabili. L'inutilità che nausea è la condizione invariata.
Così torno a torturare il tempo,
le sua pieghe di incubo, di sogno perso.
Concludo che l'egoismo è più forte di tutto,
due anime non possono toccarsi. Ma possono uccidersi.
Datemi un pozzo profondo d'oblio.
L'antica preghiera.
Due anime non possono capirsi, ma possono logorarsi.
Ognuna cristallizzata nel suo Dolore.
Ognuna muta e sorda.
L'antica speranza è bianca, come una primavera che non torna.
Si dice di amare. Ma non se ne è capaci. Si passa la vita
tra piccole tragedie private
ed enorme nulla.
La realtà è vuota, e se la ride. Di tutti.
Io non sento
nessuna appartenenza. Nessuna fratellanza.
Non sento universalità.
A lungo andare, essere singoli individui stanca, pesa, pesa come un macigno di diritti e di doveri
che non sai
chi ti ha dato, e perchè. E per farne cosa.
Coscienza,
coscienza individuale incerta di Giusto e Sbagliato, coscienza collettiva di gregge. Impecorita.
L'unica possibilità di Salvezza
sta nella cecità.
Ma io la rifiuto, la rifiuto,
e mi brucio gli occhi, e le vene sature.
E' possibile vivere senza dei e senza miti?
Nella consapevolezza del proprio non sapere, non potere, non arrivare?
Non arrivare mai all'Altro. Non vivere mai ciò che l'Altro vive. Non si rischia di ammattire, di ritirarsi in volontario esilio, pur di smettere subito la patetica finzione di una qualche sumpàtheia?
Amico mio, amore mio, figlio mio...Quante immagini di cartavelina.
Dov'è, l'essenziale?
Se alla fine contano soltanto i mind-gorillas.
E ogni miracoloso rapporto umano che si compone di assoluto,
ogni inaudita lacerazione nella maglia naturale
che fa passare, fa esistere, due esseri che
(al di là di ogni meschinità, interesse, parzialità, compromesso,
al di là di ogni tornaconto,
di ogni insano desiderio di cambiarsi,
di plasmarsi a vicenda in qualche cosa d'altro (di più facile da amare!)),
sono davvero legati in un solo sentire...Viene reciso. Reciso, interrotto, mutilato.
E avanti così, in un labirinto di Essenze dimezzate, illuse che il Gioco di Prestigio della comunicazione possa davvero renderle meno sole...E anche la mia.
Anche la mia sconosciuta, latente essenza, combatte per non dimenticare chi è,
pur sapendo già
che già non lo sa più..."
-Alcohol, Shakespeare e macabre danze sui resti del mio cervello.-
"Scrivo se no tra qualche ora non ricordo.
Sono ubriaca.
Sono felice.
Sono colpevole.
Sono sbagliata,
non sono programmata
per vivere
fino a domattina.
Mento dicendo il vero.
Sono overthrown,
over sconvolta
ormai sovvertita
ormai a pezzi
ormai perduta e cattiva.
Non spero di migliorare
non spero più
vorrei ballare e cantare stanotte
e bere ancora.
Non credo di poter dormire, come Macbeth con le mani,
DI CHI SONO QUESTE MANI?
DI CHI QUESTA ANIMA?
Dov'è la mia essenza?
Dispersa
dimenticata
un po' a te, un po' a te,
eccomi qua
ora potete odiarmi e farmi vedere l'effetto che fa,
eccomi qua
questa è la verità
salvatevi da me
salvatemi da me
per favore
per favore
andate lontani e lasciate che io
mi disintegri da sola
lasciate che anneghi, questo guanto,
voglio soltanto il mare a guardarmi.
(eppure vi chiedo di restare e capire, vi imploro di non cacciarmi via dalla vostra vita, perchè la mia è tanto inutile e io senza di voi sono tanto triste; eppure vi chiedo di non odiarmi anche se sono così orrenda e piena di sangue io spero che voi vediate ancora il mio volto oltre la nebbia degli atti sconnessi...)
Come se avessi perso il mio viso,
come se un pugno troppo forte me lo avesse sconvolto per sempre,
non so più guardarmi
non so più nulla di me
non mi voglio più,
oh, se stanotte mi inghiottisse
allora sì che dormirei felice.
Ma ho ucciso il sonno! Ho ucciso il sonno!"
sabato 26 giugno 2010
Loro non capiscono, vero?
"Non posso andare avanti. Non posso. Tutto succede così presto...Non abbiamo il tempo di guardarci, di vederci davvero...Non me ne accorgevo, che era così...Accadeva tutto questo, tutte queste cose, e noi le vivevamo senza nemmeno accorgercene...Ah, riportatemi lassù...sulla collina...nella mia tomba...Soltanto, prima, ecco, un ultimo sguardo...Addio. Addio al mondo.
Addio a Grover's Corners...a mamma e a papà...e al ticchettio della pendola...e ai girasoli in giardino...e alla colazione e al caffè...e ai vestiti stirati di fresco...e al dormire e allo svegliarsi...Ah, la terra è troppo bella, perchè uno possa rendersene conto.
C'è nessuno...nessun essere umano...che sappia quello che sta vivendo mentre lo vive? Nessuno?"
da "La Piccola Città", Thornton Wilder
Addio a Grover's Corners...a mamma e a papà...e al ticchettio della pendola...e ai girasoli in giardino...e alla colazione e al caffè...e ai vestiti stirati di fresco...e al dormire e allo svegliarsi...Ah, la terra è troppo bella, perchè uno possa rendersene conto.
C'è nessuno...nessun essere umano...che sappia quello che sta vivendo mentre lo vive? Nessuno?"
da "La Piccola Città", Thornton Wilder
mercoledì 9 giugno 2010
baustelle.
C’è un amore che non muore mai
più lontano degli dei
a saperterlo spiegare che filosofo sarei...
...noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere,
lo sai,
noi ci siamo amati
divertiti
pervertiti
dimenati
spaventati
rovinati
licenziati,
lo saprai,
noi ci siamo persi
ritrovati
poi bucati
c’è un amore che mi lacera la carne
ed ancora tu lo sai,
noi ci siamo amati
violentati
deturpati
c’è un amore che mi brucia nelle vene
e che non si spegne mai,
noi ci siamo amati
violentati
deturpati
torturati
maltrattati
malmenati
scritti lettere,
lo sai.
mercoledì 2 giugno 2010
e tu non passerai di qui.
il cielo è blu da far paura,
il sole morde sulle foglie,
e tu non passerai di qui.
il tempo è solo una canzone,
io sono sempre fuori tono,
e tu non passerai di qui.
gioco a buttare le mie ore,
gioco a sputare il loro sangue,
e tu non passerai di qui.
non cambia mai il giorno stanco,
non torna mai chi se n'è andato,
e tu non passerai di qui.
ho in testa come una campana,
quando montale e i doganieri,
e tu non passerai di qui.
potrei gridare vaffanculo,
potrei partitre per parigi,
ma tu non passerai di qui.
ma tu non passerai di qui.
ma tu non passerai di qui.
il sole parla con le foglie,
il cielo vuole ipnotizzarmi,
e tu non passerai di qui.
il sole morde sulle foglie,
e tu non passerai di qui.
il tempo è solo una canzone,
io sono sempre fuori tono,
e tu non passerai di qui.
gioco a buttare le mie ore,
gioco a sputare il loro sangue,
e tu non passerai di qui.
non cambia mai il giorno stanco,
non torna mai chi se n'è andato,
e tu non passerai di qui.
ho in testa come una campana,
quando montale e i doganieri,
e tu non passerai di qui.
potrei gridare vaffanculo,
potrei partitre per parigi,
ma tu non passerai di qui.
ma tu non passerai di qui.
ma tu non passerai di qui.
il sole parla con le foglie,
il cielo vuole ipnotizzarmi,
e tu non passerai di qui.
domenica 23 maggio 2010
ma non sei lucida!
La nausea va d'accordo con la lancetta che conta
i fallimenti.
Sembra un graffio sincopato,
e io non voglio più niente.
Non voglio
presente, futuro,
non voglio redenzione, non voglio medicine, non voglio consolazione,
non voglio ricostruzione, non voglio cibo, non voglio sorrisi,
non voglio amore, non voglio pace,
non voglio lucidità, non voglio essere ragionevole,
non voglio capire, non voglio accettare,
non voglio dimenticare, non voglio stare bene,
non voglio s-t-a-r-e b-e-n-e.
Se fosse così facile raccontartelo.
Se fosse così facile ti direi...
Alla fine ho sempre freddo,
e non posso cucirmi addosso una coperta di parole.
Ieri notte il parco era un buio, era un buco nero, che portava via passi, lacrime e grida,
ma non mi ha lasciata uscire. Mi ha fermata dentro di lui, come un incantesimo, potevo correre fino alla fine del fiato e delle vertigini, ma solo entro i suoi limiti. Non oltre. Non gli ho chiesto perchè. Forse, sai, forse si ricordava di me piccola, ed era preoccupato. Io ero arrabbiata con la sua forza cieca, ma poi mi sono arresa, e mi sono fermata, e ho orbitato nel suo vortice finchè ha voluto, finchè non mi ha rotolata verso casa. Ero così fuori posto, tra i tifosi in festa, ero così stonata, e mi ha fatto male, mi ha fatto tanto male, sai, io forse non sono abbastanza dura per sopportare la mia dissonanza. Può capitare. Tu mi parli dei poteri miracolosi del Tempo, io vorrei parlare dei denti. Affilati. Della Fine. E vorrei parlare di stanotte, e di domani, e di domani notte e di dopodomani...
Non voglio. Non voglio più. Ogni impulso vitale mi scava nella carne una ferita più profonda, ogni senso, ogni motivo per non arrendermi, è peggiore (perchè più subdolo e costruito e viscido) di qualsiasi resa.
E allora, io lascio.
Io mi arrendo, e tu riderai e mi prenderai in giro, perchè non mi crederai, ma io mi arrendo davvero, mentre tu ridi, mi prendi in giro e non mi credi, io tolgo la vita da dentro, piano, gradino dopo gradino, la prosciugo da dentro, perchè non ne voglio più, perchè è abbastanza,
perchè il gioco ha perso la sua leggerezza.
i fallimenti.
Sembra un graffio sincopato,
e io non voglio più niente.
Non voglio
presente, futuro,
non voglio redenzione, non voglio medicine, non voglio consolazione,
non voglio ricostruzione, non voglio cibo, non voglio sorrisi,
non voglio amore, non voglio pace,
non voglio lucidità, non voglio essere ragionevole,
non voglio capire, non voglio accettare,
non voglio dimenticare, non voglio stare bene,
non voglio s-t-a-r-e b-e-n-e.
Se fosse così facile raccontartelo.
Se fosse così facile ti direi...
Alla fine ho sempre freddo,
e non posso cucirmi addosso una coperta di parole.
Ieri notte il parco era un buio, era un buco nero, che portava via passi, lacrime e grida,
ma non mi ha lasciata uscire. Mi ha fermata dentro di lui, come un incantesimo, potevo correre fino alla fine del fiato e delle vertigini, ma solo entro i suoi limiti. Non oltre. Non gli ho chiesto perchè. Forse, sai, forse si ricordava di me piccola, ed era preoccupato. Io ero arrabbiata con la sua forza cieca, ma poi mi sono arresa, e mi sono fermata, e ho orbitato nel suo vortice finchè ha voluto, finchè non mi ha rotolata verso casa. Ero così fuori posto, tra i tifosi in festa, ero così stonata, e mi ha fatto male, mi ha fatto tanto male, sai, io forse non sono abbastanza dura per sopportare la mia dissonanza. Può capitare. Tu mi parli dei poteri miracolosi del Tempo, io vorrei parlare dei denti. Affilati. Della Fine. E vorrei parlare di stanotte, e di domani, e di domani notte e di dopodomani...
Non voglio. Non voglio più. Ogni impulso vitale mi scava nella carne una ferita più profonda, ogni senso, ogni motivo per non arrendermi, è peggiore (perchè più subdolo e costruito e viscido) di qualsiasi resa.
E allora, io lascio.
Io mi arrendo, e tu riderai e mi prenderai in giro, perchè non mi crederai, ma io mi arrendo davvero, mentre tu ridi, mi prendi in giro e non mi credi, io tolgo la vita da dentro, piano, gradino dopo gradino, la prosciugo da dentro, perchè non ne voglio più, perchè è abbastanza,
perchè il gioco ha perso la sua leggerezza.
domenica 16 maggio 2010
ai minimi termini
ecco, adesso spiegatemi.
cioè, come procedono le cose intendo.
qualcuno mi saprebbe?...L'assurdo, dicevamo.
Ecco.
qualcuno per caso sa dirmi come...come ci si...abitua?
all'assurdo, dico.
cioè, io dovrei saperlo bene, in realtà,
vanto lunga esperienza nel campo.
e ochèi. è quella roba lì. nessun senso, spietato, improvviso, e ochèi. ma...
ecco, questo, questo assurdo qui è...di una specie nuova.
è un assurdo ai minimi termini,
ridotto all'osso, scialbo e grottesco.
è un assurdo banale che più banale non si può,
banale che fa ridere, ridere, ridere di gusto mentre il cuore ti rotola fuori con il resto.
davvero, fa ridere.
ecco: la cantatrice calva. ionesco, oh, eugène,
grazie, ma certo,
tu sì che l'avevi sentito, questo assurdo.
Assurdo del tipo "è sconveniente", del tipo "la verità sta nel mezzo",
mioddio, sì, eugène, quel che ridere suicidiamoci subito che è meglio,
quello è l'assurdo che intendo.
eheheheheh ecco è l'assurdo grigiastro
dei sentimenti rotti,
umano troppo umano non sapersi vedere nè sentire,
umano troppo umano
"i rapporti umani scadono di fronte alle Religioni", citazione al contrario.
Questo assurdo
che fa cozzare le voci una contro l'altra, ogni lettera rattrappita,
questo assurdo
che poi è rumore che nemmeno spera più di Dire,
questo assurdo
che suona ti amo ma addio,
che suona ti amo ma stammi lontano,
ecco, questo, eugène,
mi strazia ora, e io, io come vedi non dormo
e rischio seriamente la follìa, eugène, come si fa,
come si fa a sentire i propri stessi pensieri con ripugnanza
e david, david come si fa ad accorgersi dell'errore globale
e poi...
poi ANDARE AVANTI, MIODDIO!
io non so se ce la faccio, veramente, o mi libero di me o...oppure io...
aaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhh!!!!!
basta, basta, basta.
non si esce, non si esce mai,
ma io non sono adatta,
perchè, perchè devo stare così?
perchè ho qualche lunatic ostinato in my head
che non mi lascia mai in pace?
in pace, in pace vorrei stare.
akuna-matata.
senza pensieri.
la tua vita sarà.
chi vorrà vivrà.
in libertà.
akuna-matata.
con timon e pumba che ballano e mangiano vermoni cicciotti e blu e tutto il resto.
e invece no, invece no, maledetti dei,
non poteva essere così semplice.
mi avete fatta per non credere in voi e per complicare le cose.
complicare-le-cose.
ecco il mio ruolo nel cosmo. grazie.
oh, che ridere, che ridere, che ridere,
non cambierà mai nulla.
ora potrei uscire
e andare alla stazione centrale
e vedere se per caso stanotte un treno va a parigi.
vediamo un po'. oh, guarda, ce n'è uno alle 6:40.
metto qualche vestito in uno zaino, mi copro bene perchè è maggio ma pare gennaio,
esco, prendo la macchina, arrivo in centrale, parcheggio,
compro il biglietto ed eccomi su un Eurocity per Paris,
(perchè il TGV invece è più tardi).
e poi?
e poi, e poi, mica posso sapere tutto. fai delle domande stupide!
(oh, ancora la cantatrice!!!)
ma non lo farò, questo è il punto.
e perchè?
perchè sono troppo stanca, ho troppo freddo, e una volta là non saprei come trovarmi una tana.
(dove mi s'appresta una tana?).
essenzialmente, questi son i miei nobilissimi motivi per restare.
ma dov'è la grandezza, in tutto ciò? dov'è, il mio animo fiero?
dov'è, il Volo?
nulla, non resta nulla,
l'ideale è lontano e io sono patetica e goffa,
saltello buffamente dietro al mio destino,
all'albatros hanno tagliato via le ali,
e gli hanno messo una catena al collo,
ed è pure zoppo,
che fatica che fa, e mica si può fermare,
povero albatros, fa tanto ridere...
oh, che ridere, che ridere, che ridere...
cioè, come procedono le cose intendo.
qualcuno mi saprebbe?...L'assurdo, dicevamo.
Ecco.
qualcuno per caso sa dirmi come...come ci si...abitua?
all'assurdo, dico.
cioè, io dovrei saperlo bene, in realtà,
vanto lunga esperienza nel campo.
e ochèi. è quella roba lì. nessun senso, spietato, improvviso, e ochèi. ma...
ecco, questo, questo assurdo qui è...di una specie nuova.
è un assurdo ai minimi termini,
ridotto all'osso, scialbo e grottesco.
è un assurdo banale che più banale non si può,
banale che fa ridere, ridere, ridere di gusto mentre il cuore ti rotola fuori con il resto.
davvero, fa ridere.
ecco: la cantatrice calva. ionesco, oh, eugène,
grazie, ma certo,
tu sì che l'avevi sentito, questo assurdo.
Assurdo del tipo "è sconveniente", del tipo "la verità sta nel mezzo",
mioddio, sì, eugène, quel che ridere suicidiamoci subito che è meglio,
quello è l'assurdo che intendo.
eheheheheh ecco è l'assurdo grigiastro
dei sentimenti rotti,
umano troppo umano non sapersi vedere nè sentire,
umano troppo umano
"i rapporti umani scadono di fronte alle Religioni", citazione al contrario.
Questo assurdo
che fa cozzare le voci una contro l'altra, ogni lettera rattrappita,
questo assurdo
che poi è rumore che nemmeno spera più di Dire,
questo assurdo
che suona ti amo ma addio,
che suona ti amo ma stammi lontano,
ecco, questo, eugène,
mi strazia ora, e io, io come vedi non dormo
e rischio seriamente la follìa, eugène, come si fa,
come si fa a sentire i propri stessi pensieri con ripugnanza
e david, david come si fa ad accorgersi dell'errore globale
e poi...
poi ANDARE AVANTI, MIODDIO!
io non so se ce la faccio, veramente, o mi libero di me o...oppure io...
aaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhh!!!!!
basta, basta, basta.
non si esce, non si esce mai,
ma io non sono adatta,
perchè, perchè devo stare così?
perchè ho qualche lunatic ostinato in my head
che non mi lascia mai in pace?
in pace, in pace vorrei stare.
akuna-matata.
senza pensieri.
la tua vita sarà.
chi vorrà vivrà.
in libertà.
akuna-matata.
con timon e pumba che ballano e mangiano vermoni cicciotti e blu e tutto il resto.
e invece no, invece no, maledetti dei,
non poteva essere così semplice.
mi avete fatta per non credere in voi e per complicare le cose.
complicare-le-cose.
ecco il mio ruolo nel cosmo. grazie.
oh, che ridere, che ridere, che ridere,
non cambierà mai nulla.
ora potrei uscire
e andare alla stazione centrale
e vedere se per caso stanotte un treno va a parigi.
vediamo un po'. oh, guarda, ce n'è uno alle 6:40.
metto qualche vestito in uno zaino, mi copro bene perchè è maggio ma pare gennaio,
esco, prendo la macchina, arrivo in centrale, parcheggio,
compro il biglietto ed eccomi su un Eurocity per Paris,
(perchè il TGV invece è più tardi).
e poi?
e poi, e poi, mica posso sapere tutto. fai delle domande stupide!
(oh, ancora la cantatrice!!!)
ma non lo farò, questo è il punto.
e perchè?
perchè sono troppo stanca, ho troppo freddo, e una volta là non saprei come trovarmi una tana.
(dove mi s'appresta una tana?).
essenzialmente, questi son i miei nobilissimi motivi per restare.
ma dov'è la grandezza, in tutto ciò? dov'è, il mio animo fiero?
dov'è, il Volo?
nulla, non resta nulla,
l'ideale è lontano e io sono patetica e goffa,
saltello buffamente dietro al mio destino,
all'albatros hanno tagliato via le ali,
e gli hanno messo una catena al collo,
ed è pure zoppo,
che fatica che fa, e mica si può fermare,
povero albatros, fa tanto ridere...
oh, che ridere, che ridere, che ridere...
sabato 15 maggio 2010
Siberia
se solo sapessi strade salvifiche,
sicura scivolerei sulla sabbia,
sotto le sere senza speranza,
sotto le stelle sorde,
sotto i miei sogni scuciti.
sento secchi singhiozzi,
sono scosse sottili,
ma senza scampo,
e senza scampo scendo,
svenuta, sul soffio sfinito
di stremate sirene.
soltanto silenzi,
strillanti silenzi
squillano come sveglie spietate,
hanno squarciato il sonno,
hanno sgozzato il sonno,
hanno stregato il sonno.
salvami, scusami, salvami, scusami
sorella mia, stella stanca,
scendi,
siediti,
splendi,
stai qui,
sorridi senza singulti,
salvami, scusami, salvami, scusami,
scusami, mi sono sbagliata,
so che sei spenta da secoli.
ma senza stelle si scioglie il sole,
scheggie sottili s'insinuano sottopelle:
sepsi, setticemia, sangue sconvolto,
spirito a soqquadro.
Ho seguito una strada che si è srotolata
fino in Siberia.
Subito è scomparsa.
Sono sola,
ho sovvertito il sonno,
ho sanguinato il sogno.
sicura scivolerei sulla sabbia,
sotto le sere senza speranza,
sotto le stelle sorde,
sotto i miei sogni scuciti.
sento secchi singhiozzi,
sono scosse sottili,
ma senza scampo,
e senza scampo scendo,
svenuta, sul soffio sfinito
di stremate sirene.
soltanto silenzi,
strillanti silenzi
squillano come sveglie spietate,
hanno squarciato il sonno,
hanno sgozzato il sonno,
hanno stregato il sonno.
salvami, scusami, salvami, scusami
sorella mia, stella stanca,
scendi,
siediti,
splendi,
stai qui,
sorridi senza singulti,
salvami, scusami, salvami, scusami,
scusami, mi sono sbagliata,
so che sei spenta da secoli.
ma senza stelle si scioglie il sole,
scheggie sottili s'insinuano sottopelle:
sepsi, setticemia, sangue sconvolto,
spirito a soqquadro.
Ho seguito una strada che si è srotolata
fino in Siberia.
Subito è scomparsa.
Sono sola,
ho sovvertito il sonno,
ho sanguinato il sogno.
sabato 8 maggio 2010
io non scrivo poesia
io non scrivo poesia, io annaspo
nella sensazione di fondo di nausea
di estraneità, di impotente stupore, di vertigine
che mi dà l'esistenza.
annaspo nella farsa tragica di fantasmi
che mi fa correre incontro a Ionesco
gridando "Mon semblable! Mon frère!".
io non scrivo poesia, io annego.
perchè questo semblable e questo frère
non sono che un altro modo per dire
che non ho simile nè fratello,
solo un'altra parola
per la solitudine.
oggi il cielo mi prende in giro,
alleato con il sole:
il freddo che sento sembra solo mio,
niente armonia cosmica,
niente cosmo,
sconto la mia
individualità brutale.
ora esco e fingo di agire e di reagire,
ma i fili sono spezzati,
oggi io mi sono staccata.
nella sensazione di fondo di nausea
di estraneità, di impotente stupore, di vertigine
che mi dà l'esistenza.
annaspo nella farsa tragica di fantasmi
che mi fa correre incontro a Ionesco
gridando "Mon semblable! Mon frère!".
io non scrivo poesia, io annego.
perchè questo semblable e questo frère
non sono che un altro modo per dire
che non ho simile nè fratello,
solo un'altra parola
per la solitudine.
oggi il cielo mi prende in giro,
alleato con il sole:
il freddo che sento sembra solo mio,
niente armonia cosmica,
niente cosmo,
sconto la mia
individualità brutale.
ora esco e fingo di agire e di reagire,
ma i fili sono spezzati,
oggi io mi sono staccata.
mercoledì 14 aprile 2010
il Giardino di Pietra
Quattro anni from the non-day, et j'y meure encore, neque nascitis tu.
Parce-que oudèis ghignetai presso questo river che scorre cianciando vitae mea esse,
ma io mica gli do troppo retta.
Quattro anni e -stuck!- eccomi ancora -stuck!- ancora attaccata -stuck!- ancora bloccata here. Stuck.
L'archè negato non mi lascia rèin, non scorro via, je ne exbaino pas da qui, ma cata,
catabaino giù,
giù,
sì,
l'archè negato non mi lascia rién, o forse solo
il cimitero dei miei rimpianti, et enfin
je suis mon graveyard.
Un giardino di pietra, ecco cosa mi resta di te, cosa mi resta di me,
ce-que me reste de toi, mon petit, ce que me reste de toi.
Et la pietra del mio giardino non è fatta per fiorire, ma solo per sfiorare
le ferite che non guariscono.
La pietra del mio giardino non diventa nemmeno sassolini per Pollicino,
(nessun fattore palindromo!) niente briciole per Pollicino,
la nuit est noire e non c'è niente da fare,
la notte è disperata e non torna a Casa.
Come se fosse giusto. Come se niente fosse.
Excrucior forever al pensiero di te,
e non c'è niente da fare.
J'ai choisì come se fosse giusto,
anche se sapevo che era nefas.
Ho respirato forte la Morfina come se volessi scomparire
(avec toi?),
anche se sapevo che la mia condanna era Tornare. Dopo.
E che sarei stata per magia incatenata a scontarla
toujours in the now-it's-too-late moment.
Quattro anni e non può cambiare niente, perchè, tu sais,
nel mio cimitero
i fiumi scorrono solo per finta.
Parce-que oudèis ghignetai presso questo river che scorre cianciando vitae mea esse,
ma io mica gli do troppo retta.
Quattro anni e -stuck!- eccomi ancora -stuck!- ancora attaccata -stuck!- ancora bloccata here. Stuck.
L'archè negato non mi lascia rèin, non scorro via, je ne exbaino pas da qui, ma cata,
catabaino giù,
giù,
sì,
l'archè negato non mi lascia rién, o forse solo
il cimitero dei miei rimpianti, et enfin
je suis mon graveyard.
Un giardino di pietra, ecco cosa mi resta di te, cosa mi resta di me,
ce-que me reste de toi, mon petit, ce que me reste de toi.
Et la pietra del mio giardino non è fatta per fiorire, ma solo per sfiorare
le ferite che non guariscono.
La pietra del mio giardino non diventa nemmeno sassolini per Pollicino,
(nessun fattore palindromo!) niente briciole per Pollicino,
la nuit est noire e non c'è niente da fare,
la notte è disperata e non torna a Casa.
Come se fosse giusto. Come se niente fosse.
Excrucior forever al pensiero di te,
e non c'è niente da fare.
J'ai choisì come se fosse giusto,
anche se sapevo che era nefas.
Ho respirato forte la Morfina come se volessi scomparire
(avec toi?),
anche se sapevo che la mia condanna era Tornare. Dopo.
E che sarei stata per magia incatenata a scontarla
toujours in the now-it's-too-late moment.
Quattro anni e non può cambiare niente, perchè, tu sais,
nel mio cimitero
i fiumi scorrono solo per finta.
venerdì 19 marzo 2010
Gea
Una mano che d'un tratto si posa davanti agli occhi,
disse Apollinaire,
ed io vidi.
E' dunque questa l'umida penombra
del passare e del trapassare,
del discendere di altri ed altri passi
giù fin nel ventre ferito
di Gea,
giù fin nel mio ventre ferito?
Lì
i volti si confondono ai desideri
e alle promesse infrante.
Sono molto piccola
e tutto mi sembra così alto
e corro veloce ma non guardo avanti,
guardo il cielo,
oltre una trama d'edera scura
che me lo allontana,
guardo una trama d'edera scura
e corro veloce verso il cielo.
Ci sono anche parole di cui ho perso il senso,
conservo solo il suono. La musica.
Eeeeiiiiiiideeeeiiiiiiii...Aaaaaaaoooooitaolaaaa...Aaaaaaaaiaaaaa...
Gaaaaaaaaaaaiaaaaaaaaa...
Gaaaaia...
Gaia...
Gaia? Dove sei?
Dobbiamo andare, è tardi, Gaia, vieni, è tardi, Gaia,
per favore, Gaia, mi senti?
Mi senti?
A cosa stai pensando?
Dove sei, Gaia?
A cosa stai pensando?
Perchè ridi?
Gaia, vieni qui, torna indietro!
Dove ti sei nascosta?
A cosa stai pensando?
Perchè piangi?
Gaia, dove ti fa male, dove? Fammi vedere.
A cosa stai pensando?
Mi senti?
Sì. Ti sento. Scusami, è solo che non posso tornare.
Vorrei, ma è Crono che decide.
Mi ha sbalzata qui.
Ti sento, ma sono tra sei anni, e anche di più.
Mi ha lanciata qui.
Non gliel'ho chiesto io.
Scusami, perchè
non ti risponderò,
o ti risponderò qualcos'altro,
che mi piace questa canzone, o che sono caduta, o che voglio restare, o che ho fame,
non potrò dirti che abbiamo poco tempo,
e che mi mancherai per sempre,
non potrò dirtelo,
perchè non lo so.
Non lo sapevo.
Però ti sento, ti sento. Scusami.
Tossisco. Contraccolpo.
Tutto trema e si allarga,
come sfumando,
domani è il venti marzo,
e io ho troppi fili rotti
e non so cucire,
spezzata troppe volte,
forse è per questo
che sono stanca.
disse Apollinaire,
ed io vidi.
E' dunque questa l'umida penombra
del passare e del trapassare,
del discendere di altri ed altri passi
giù fin nel ventre ferito
di Gea,
giù fin nel mio ventre ferito?
Lì
i volti si confondono ai desideri
e alle promesse infrante.
Sono molto piccola
e tutto mi sembra così alto
e corro veloce ma non guardo avanti,
guardo il cielo,
oltre una trama d'edera scura
che me lo allontana,
guardo una trama d'edera scura
e corro veloce verso il cielo.
Ci sono anche parole di cui ho perso il senso,
conservo solo il suono. La musica.
Eeeeiiiiiiideeeeiiiiiiii...Aaaaaaaoooooitaolaaaa...Aaaaaaaaiaaaaa...
Gaaaaaaaaaaaiaaaaaaaaa...
Gaaaaia...
Gaia...
Gaia? Dove sei?
Dobbiamo andare, è tardi, Gaia, vieni, è tardi, Gaia,
per favore, Gaia, mi senti?
Mi senti?
A cosa stai pensando?
Dove sei, Gaia?
A cosa stai pensando?
Perchè ridi?
Gaia, vieni qui, torna indietro!
Dove ti sei nascosta?
A cosa stai pensando?
Perchè piangi?
Gaia, dove ti fa male, dove? Fammi vedere.
A cosa stai pensando?
Mi senti?
Sì. Ti sento. Scusami, è solo che non posso tornare.
Vorrei, ma è Crono che decide.
Mi ha sbalzata qui.
Ti sento, ma sono tra sei anni, e anche di più.
Mi ha lanciata qui.
Non gliel'ho chiesto io.
Scusami, perchè
non ti risponderò,
o ti risponderò qualcos'altro,
che mi piace questa canzone, o che sono caduta, o che voglio restare, o che ho fame,
non potrò dirti che abbiamo poco tempo,
e che mi mancherai per sempre,
non potrò dirtelo,
perchè non lo so.
Non lo sapevo.
Però ti sento, ti sento. Scusami.
Tossisco. Contraccolpo.
Tutto trema e si allarga,
come sfumando,
domani è il venti marzo,
e io ho troppi fili rotti
e non so cucire,
spezzata troppe volte,
forse è per questo
che sono stanca.
giovedì 18 marzo 2010
buonviaggiavederci.
Cos'hanno in comune un corvo e una scrivania?
Sbagliata, sono quella sbagliata.
Sta succedendo tutto troppo in fretta...Credo di aver bisogno di un momento.
Un momento. Sono l'Alice sbagliata.
Pensa a sei cose impossibili prima di fare colazione.
Mio padre guardava lontano, e io sono sua figlia.
Sei cose, Alice, contale.
Cos'hanno in comune un corvo e una scrivania?
Ero molto più moltosa.
Ho perso la mia Moltezza. Dov'è?
Stupidina.
Non sono stupida.
Mio padre guardava lontano, e io sono sua figlia.
Sono Alice. Sono sbagliata.
Troppo grande, o troppo piccola.
Sono stata cambiata molte volte.
Sempre sbagliata.
Cos'hanno in comune un corvo e una scrivania?
Cosa devo fare?
Scegliere. Non puoi vivere per accontentare gli altri.
Questo è il mio sogno.
Cos'hanno in comune un corvo e una scrivania?
Non ne ho la più pallida idea.
Mi mancherai.
Potresti restare.
Che bella idea! Che assurda, folle, meravigliosa idea! Ma non posso. Ci sono domande a cui devo rispondere, e cose che devo fare. Tornerò prima che tu te ne accorga.
Non ti ricorderai di me.
E come potrei dimenticare?
Buonviaggiavederci...
Buonviaggiavederci...
Buonviaggiavederci.
Sbagliata, sono quella sbagliata.
Sta succedendo tutto troppo in fretta...Credo di aver bisogno di un momento.
Un momento. Sono l'Alice sbagliata.
Pensa a sei cose impossibili prima di fare colazione.
Mio padre guardava lontano, e io sono sua figlia.
Sei cose, Alice, contale.
Cos'hanno in comune un corvo e una scrivania?
Ero molto più moltosa.
Ho perso la mia Moltezza. Dov'è?
Stupidina.
Non sono stupida.
Mio padre guardava lontano, e io sono sua figlia.
Sono Alice. Sono sbagliata.
Troppo grande, o troppo piccola.
Sono stata cambiata molte volte.
Sempre sbagliata.
Cos'hanno in comune un corvo e una scrivania?
Cosa devo fare?
Scegliere. Non puoi vivere per accontentare gli altri.
Questo è il mio sogno.
Cos'hanno in comune un corvo e una scrivania?
Non ne ho la più pallida idea.
Mi mancherai.
Potresti restare.
Che bella idea! Che assurda, folle, meravigliosa idea! Ma non posso. Ci sono domande a cui devo rispondere, e cose che devo fare. Tornerò prima che tu te ne accorga.
Non ti ricorderai di me.
E come potrei dimenticare?
Buonviaggiavederci...
Buonviaggiavederci...
Buonviaggiavederci.
martedì 9 marzo 2010
Bianca (poesia per Anya)
Un palloncino bianco
con appeso
un animaletto bianco,
arrivato troppo tardi per sapere,
ma avido di verità
che non può capire.
Un palloncino bianco,
che porta a spasso
due occhi e due piedi,
tutti e quattro molto assorti.
Vola ancora per un po',
è troppo presto per pensare,
mia piccola Anya.
con appeso
un animaletto bianco,
arrivato troppo tardi per sapere,
ma avido di verità
che non può capire.
Un palloncino bianco,
che porta a spasso
due occhi e due piedi,
tutti e quattro molto assorti.
Vola ancora per un po',
è troppo presto per pensare,
mia piccola Anya.
ultimocentimetro (poesia per Petra)
Le mani di Petra
stringono il silenzio,
tremano e lo fanno colare via, perchè
le mani di Petra ricordano
le Parole.
L'ultimo centimetro è lì.
Sotto la voce risucchiata, sotto la vita interrotta.
E' lì, le mani di Petra lo sentono,
non lo perderanno
loro che hanno perso tutto senza poter salutare...
...Sarà su un treno per Parigi
che l'ultimo centimetro esploderà,
e la sua luce sarà troppa,
troppa luce per le Talpe, su quel treno.
Le mani di Petra non possono salutare.
Solo desiderare Terra in cui affondare,
solo desiderare Lui da cui Tornare...
Solo avvertire il vuoto. Violento.
Irreversibile.
Le mani di Petra sanno la privazione totale. Inumana.
Ma nelle pieghe dei palmi
l'Ultimo Centimetro vibra ancora, Markus!
stringono il silenzio,
tremano e lo fanno colare via, perchè
le mani di Petra ricordano
le Parole.
L'ultimo centimetro è lì.
Sotto la voce risucchiata, sotto la vita interrotta.
E' lì, le mani di Petra lo sentono,
non lo perderanno
loro che hanno perso tutto senza poter salutare...
...Sarà su un treno per Parigi
che l'ultimo centimetro esploderà,
e la sua luce sarà troppa,
troppa luce per le Talpe, su quel treno.
Le mani di Petra non possono salutare.
Solo desiderare Terra in cui affondare,
solo desiderare Lui da cui Tornare...
Solo avvertire il vuoto. Violento.
Irreversibile.
Le mani di Petra sanno la privazione totale. Inumana.
Ma nelle pieghe dei palmi
l'Ultimo Centimetro vibra ancora, Markus!
lunedì 11 gennaio 2010
immagini di muri...
Fili del bucato tagliano lo spazio,
cadaveri di vestiti appesi ad insolidirsi, appesi
a cristallizzare.
Giacche, vecchie divise militari, e nuove, ma già lise, grige,
burocratiche,
cappelli che un tempo forse hanno anche pensato,
ma che poi hanno fermato le idee sotto di loro,
impedendo ai pensieri di respirare, togliendo aria e possibilità.
Gonne che danzano come spettri, e poi camicie e cravatte e pantaloni ingessati,
con scarpe imbrigliate impiccate per le stringhe,
scarpe che ormai non se ne vanno più.
Due figure femminili,
ombre separate dal muro di stoffa,
stendono altri vestiti e parlano,
ma non tra loro, è una comunicazione fittizia.
Sono Ovest e Est, sono lontane, sepolte
da troppi stereotipi,
hanno dimenticato di essere donne,
e ora sono Est e Ovest,
and all in all
they're
just
bricks in the Wall.
cadaveri di vestiti appesi ad insolidirsi, appesi
a cristallizzare.
Giacche, vecchie divise militari, e nuove, ma già lise, grige,
burocratiche,
cappelli che un tempo forse hanno anche pensato,
ma che poi hanno fermato le idee sotto di loro,
impedendo ai pensieri di respirare, togliendo aria e possibilità.
Gonne che danzano come spettri, e poi camicie e cravatte e pantaloni ingessati,
con scarpe imbrigliate impiccate per le stringhe,
scarpe che ormai non se ne vanno più.
Due figure femminili,
ombre separate dal muro di stoffa,
stendono altri vestiti e parlano,
ma non tra loro, è una comunicazione fittizia.
Sono Ovest e Est, sono lontane, sepolte
da troppi stereotipi,
hanno dimenticato di essere donne,
e ora sono Est e Ovest,
and all in all
they're
just
bricks in the Wall.
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