Pensarvi entrambi al cimitero,
esercizio nuovo, duro come marmo.
Quel che resta del corpo,
non vi cerco lì, certo, ma.
Io quei due corpi lì li amai,
corpi che furono uno, mamma e bimbo,
poi nonna e padre,
corpi da cui viene il mio corpo,
quello di mio figlio.
E non venire a trovarvi
in cima alla collina gentile,
non venire a vederla, l'estate,
perché vi ci ho lasciati d'inverno.
Che strano cliccare su pausa,
sospendere il dolore sospenderlo
eppure gustarlo in fondo
o attorno ad ogni gioia, ogni nuovo
ricordo che nasce e si accoccola,
c'è l'abito dell'assenza.
Ricoprire gli occhi di un velo
non lacrime ma séparé,
fanno due posti due tempi due me,
doppio passo zoppo, adesso e prima,
senza e con,
e Sirio che mi chiede tutto e subito.
Ha ragione lui, piccolo corpo nuovo,
vivo che pretende vita,
presente che vuole ora,
vocina fortissima che chiama
attraverso l'abisso d'altrove
chiama da qui.
Rispondere e guardare strabica,
tenere insieme ostinato
di bimbo, papà e nonna,
non mollare, non mollare.
Abitare l'assenza,
non abituare.
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