ucronista

La mia foto
Paris, France
Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...

tempi persi

lunedì 14 agosto 2017

Wind owes me

Le mie finestre si riaffacciano
dal precipizio dei sogni,
ogni
finestra che ho aperto
è ancora aperta, aperta
a perdita d'occhio e di piede.

Mi siede davanti, la finestra
bianca della camera da letto,
quella con le tende e la cassa bianca
dove mi sedevano
le mani che mi amavano,
mi sedevano così,
davanti al mondo, sotto,
che passava con frastuono di motore,
mi sedevano davanti al vento, mulinare di foglie, e
wrooooom, senti il tuono, bimba,
e adesso conta, quanti secondi,
uno, 'ue, tle, 'uatlo, ci'que, se...
Vazam ! Il lampo !
Vedi, si avvicina, si avvicina, il temporale...

E il tempo-male si avvicinava, e anche il tempo-bene,
come tuono e lampo.

Mi guarda dall'alto, in piedi, la finestra porta,
che porta sul giardino,
su mamma Magnolia e sul profumo
di pasta al sugo,
la finestra che ho guardato adolescente,
con occhi innamorati
del sole che entrava ad accenderli,
con occhi pieni di neve
a tracciar vene di vita,
con occhi di desideri
con le ali troppo grandi
e goffe,
con occhi miopi,
visionari,
con occhi sfilacciati che non potevano
più distinguere il giardino,
con gli occhi di chi parte
e non torna più.

Della finestra della casa a schiera
mi ricordo che ne è valsa la pena,
che ne è valsa la piena,
della caccia alle zanzare,
della caccia al tesoro
di un puzzle di noi,
dei panni stesi insieme,
la stanza di ogni
metamorfosi.
Mi ricordo che bisognava
chiudere le persiane
perché non ci vedessero
fare l'amore :
la nostra indecente
felicità
avrebbe oltraggiato i passanti.

Poi c'è la finestra di Parigi,
quella della pioggia
che fertilizza un cuore nuovo,
che ci porta sul tetto
sotto il sole di marzo,
la finestra che mi ha visto correre
giù dalle scale,
cosciente come mai
che tutto
tutto è fuori.

Ma Only è per me
la città dalle troppe finestre.
Ne avevamo una bellissima,
proprio sopra il nostro letto,
il sole d'inverno ci ha tenuti al caldo,
lo spazio profondo e fragile
di qualche mattino.
Poi, quando le linee di fuga
han cominciato a girare,
un volteggiare di tornado,
di buco
nero come un buco nella tela
della vita cullata,

e un richiamo

la finestra

la mia testa

fuori, sotto la pioggia,
a mischiare le lacrime,
a farle cadere,
le ho fatte cadere
al posto mio.

E il mio posto sfumava, ancora,
svuotavo un'altra stanza,
un'altra finestra
che non posso più chiudere,
solo ricordare
in un ricordo in cui la guardo,
dalla strada
come un passante.

Ho una nuova
finestra provvisoria,
con vista
sui piccioni ben nutriti
e i tetti del centro.
La mattina mi sussurra
scrivi ! Vivi ! Scrivi ! Vivi !

Io la ringrazio ma cerco un vento,
uno strato di necessità,
una velocità senza la quale
nessun contenuto,
nessuno stile,
nessun fascino di vita
sarà possibile. 

E ancora, conto i secondi,
tra il tuono e il lampo,
come se le mani amate
potessero ancora sentirmi.

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi