ucronista

La mia foto
Paris, France
Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...

tempi persi

sabato 10 novembre 2012

avanguardia



Ma Frida, dove vai? Dove mi porti? 
Me lo chiedo che son già per strada e non mi fermo.

Perché la mattina, quando ho paura di scomparire, con un automatismo solo fisico mi alzo mi vesto e vado al mercato. Lì, apro gli occhi. Sfilo muta tra il frastuono dei colori dei quadri che ho lasciato per sempre a metà, tra le voci che ho perso, tra tutti i volti che potevo avere e invece no. Le associazioni mi travolgono, dimentico di respirare e mi sembra
che tutto sia già accaduto. Mi sembra di essere alla fine.
Vedo tutti questi esseri vivi, li vedo in bilico, in punta di piedi sull’estremo punto del tempo passato - del fino-ad-ora – protesi, sbilanciati senza averne coscienza verso il baratro del tempo futuro, del d’ora-in-poi. Tendono le mani aperte al pescivendolo e al vuoto che verrà.
Ma adesso è il futuro più futuro di tutto il tempo dell’universo. L’avanguardia siamo noi che ci troviamo ad esistere ora. Ora. Ora. Tutto nella storia è passato, distrutto, cambiato, nato e morto per arrivare a forgiare questa mattina che finisce. Ne è valsa la pena?
Li vedo scivolare in serie, cadono nel precipizio vivi senza farci caso.
Ho le vertigini.
Uno dei volti stamattina mi frusta gli occhi con l’evidenza delle cose perse. Che effetto mi fa Agnès che passa veloce, si fa largo tra la gente, chiede permesso, non sembra felice e non guarda nessuno? Non avrò il tempo di fermarla. Non ci sarà il tempo per chiederle che fine hai fatto, che ne è del tuo amore, e della tua fragilità, hai poi scritto altre filastrocche, ripensi mai a noi. Non ci sarà il tempo di guardarsi e domandarsi in silenzio chi abbia tagliato via il tempo che pensavamo ci sarebbe stato.
Amica mia, ricordi che s’era sorelle, io e te? Poi qualcosa è andato storto, un nodo si è sciolto, ci hanno tolto un brillare dagli occhi, la sfumatura che davamo insieme alle cose. Ci siamo fatte grandi.                                   
E’ andata, ormai, è lontana. Non c’è stato il tempo.   
Cavalco velocissimi destrieri di nostalgia, tutto avviene in così breve spazio, tutto è l’istante che finisce anche quest’altra mattina. Capisco. Quello che ho già capito e dimenticato, che poi ancora dimenticherò, e ancora. Stanotte ho sognato di essere sola nella sala di un museo con le pareti rosse, tutti i miei quadri erano appesi alle pareti, ognuno affiancato dalla sua didascalia con titolo, anno e descrizione. Una vita riassunta, tutto così semplice. Ma mentre li guardavo il rosso è colato dai muri e li ha inghiottiti. Quadri e didascalie. Sono rimaste le forme, i simulacri rossi appesi ai muri, li ho toccati ed erano freddi gelati come il mio cadavere quando morirò giovane, non avrò più tempo, farà così freddo, avrò bisogno di un fuoco
“Seňorita, que passa, seňorita?”
Mi sorprendo stupita a piangere mentre cerco i soldi per pagare le arance, che scivolano e rotolano per terra inesorabili come la fisica. Sorrido ridicola, e annaspo nella comicità dell’esigenza di cercare i soldi, adesso, e insieme inseguire le arance. Che fuggono, obbedienti come tutto alle leggi cosmiche.




martedì 25 settembre 2012

amnesia

e dunque sono vecchia,
e questi anni passati?
non li trovo. 
che vuol dire "li hai vissuti"?
se li ho vissuti sono morti,
e per crederli morti dovrei vederne il cadavere,
ma non c'è.

e allora cosa?
dovrei sentirli tintinnare in tasca
o scoppiettare sul fuoco,
o almeno sotto i denti,
quando mastico, 
dovrei poterli mangiare
e poi pulirne bene i residui,
con il filo interdentale. ma no,
voi non mi dite mai niente,
non mi date mai nulla da seppellire,

datemi gli anni morti
in un'urna di orologi,
così che possa misurarli sempre,
cucitemi un vestito
di lancette
che indichino il momento
il luogo
la direzione,
che tengano i miei conti
e sappiano esattamente 
quanto manca all'esplosione.

scrivetemi in fronte 
una data di scadenza,
disegnatemi sul viso
quel che ho perso.
che ho negato.
che non sarò mai più. 

voglio fare il funerale,
il funerale voglio fare,
il funerale al passato,
voglio ricordarmi di ricordare morto
tutto ciò ho dimenticato vivo,
ma nessuno me lo scrive,
nessuno me lo scrive addosso,
è sorprendente come la morte del tempo
sia solubile e poco notevole.

una morte simpatica
mi tiene in scacco,
io invecchio, sbiadisco, scompaio
ma quando mi leggo poi ricomincio,
non conservo i dati di fine in memoria,
continuo a dimenticarmi che sono un clone,
che sono morta,
che è già successo,
che succede ancora.


mercoledì 19 settembre 2012

1000 punti esperienza

Mademoiselle, s'il vous plait,
questi italiani che non capiscono mai niente.

E invece sì che capisco, monsieur,
capisco tutto anche se parlo storto,
mi vien da ridere perché ti leggo,
colgo le parole il senso ma anche i colori, ora,
e se Paris mi invita
io vado au cinéma con lui, - Parigi è un maschio-
e rido e mi commuovo come lui,
come se un nuovo modo di sentire mi nascesse dentro,
una nuova empatia.

Frammenti di sfumature sconosciute
mi pervadono a ondate irregolari,
c'est fort bizarre ça,
come accorgerti di crescere mentre stai crescendo,
e in aereo un americano mi prende per francese,
e ça veut rien dire, ma è bello,
e adesso è ora,
ciao Milano, devo andare, signora ferita - Milano è una femmina-
non ti dimentico, ma il momento è adesso,
adesso aiutami a lasciarti, che mi sento pronta
per il salto.

venerdì 29 giugno 2012

foto, graffi e.

In meno di un secondo
la mia fotografia si è scottata e io ho sentito male
e ho capito
di essere viva
adesso.

Con lo sguardo che avrò per sempre ti ho guardato,
con il volto che mi sopravviverà ti ho pregato

-ti prego tienimi fuori
dallo spaziotempo
ti prego tienimi dentro
i contorni di questo universo di carta
di luce
di buio.

Ti prego, tienimi.-

Ma le fotografie non parlano,
loro guardano solo, mute sfingi.

In meno di un secondo
sono nel pieno del ventitreesimo giro,
no, basta, portami giù, fermami,
lo spaziotempo mette le lacrime agli occhi
e troppi trapassati remoti
e timidi biancastri futuri interiori... NO.

No, non mi terrai.
Adesso basta, devo andare, dici,
devo sopportare la distanza, attraversare altri ponti alti sulle lacrime agli occhi,
imparare ad essere dura, ad essere sola.
Senza di te. E' necessario.
Per non aver bisogno, per bastarmi,
per diventare grande, finalmente.
Per prendere la mia vita in mano e urlare MIA!
MIA, MIA, MIA!!!
Ah sì, mia, tutta mia questa stupida vita,
lunga vita a me,

e avrò tempo. Sì, tanto tempo vuoto
in un deserto di metallo
per lavorare su di me, come le persone fighe.
A picconate
lavorerò su di me, per confondere il dolore
esulterò,
tra gli schizzi di sangue griderò "mia", 
pagherò l'affitto, imparerò a stirare a sturare il lavandino e a stare sola.

Ma a dimenticare, come prima cosa.

Sarà così bello addormentarmi.
Sbiadirà la nausea e il senso di assurdo. 
Non avrò più nostalgie, e mi sembrerà avere un senso
il mio utile. Farò calcoli, stilerò statistiche e
riderò da pazzi come una persona emancipata alle battute sessiste,
amerò la pornografia
e i corsi del comune di arte e sesso orale.
Non avrò più voglia di morire.

Non vedo l'ora.

Sarà tutto bellissimo, quando mi sarò cambiata.

In meno di un secondo,
la mia fotografia si è carbonizzata,
non ho più sentito male,
non mi è interessato capire,
la cenere l'ho buttata nel cesso
come quando muore un pesce rosso,
e ho tirato l'acqua tre volte
prima che andasse giù.

Nel mare.

domenica 29 aprile 2012

april is the cruellest month



il tempo diventa sempre più sottile,

come le magliette lavate troppe volte.

il tempo stinge.

lo indosso comunque, con una specie di sciatto orgoglio.




il riflesso nello specchio

l'ho sbiadito al posto dei ricordi.

mi saluta fino a sparire,

e in questa dissolvenza

io lo saluto

e mi sento più unica.




i due compleanni invece

ci sono ancora,

occupano sempre

il doppio e la metà.




è stonata la malinconia,

questi giorni d'aprile.

il tempo diventa

più sottile,

come le parole troppo usate.




sulla collina ho avuto ancora

voglia di piangere

di spaccare il marmo

e di portarti via,

c'era il sole.

poi mi sono appoggiata ad un albero

poi ho pianto

poi ho guidato a casa

poi ho fatto una torta al cioccolato.

ti sarebbe piaciuto, questo compleanno.




ma il tempo diventa sempre più sottile,

il presente si consuma,

il futuro evapora

nel pensiero che tanto

non ci sarà.




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