Sono stanca. Come chi si disillude. E si arrende. Alla forza che lo spinge a terra.
Come se riconoscessi lentamente l'inutilità di tutta questa strada.
Di tutte queste forze consumate in un lavoro senza sogni, bianco, così bianco, nudo come un muro...
Se sono stanca, ho meno fantasia. Per inventare favole da raccontarmi. Se sono stanca, ho meno orgoglio.
E meno pudore. Vedo cose meno colorate.
Quel che vedo adesso, è un muro. E una mosca.
Una mosca intrappolata in un bicchiere capovolto.
Io sono la mosca intrappolata. E sono il bicchiere capovolto.
Sono un ronzante ossessionante sbattere contro pareti lisce, fredde e trasparenti, che io stessa ho nutrito, spinta dalla folle ricerca della Cosa Giusta.
La Cosa Giusta da dire, da fare, la Persona Giusta da essere.
Quale? Non io, no, di certo non io, malata cronica di inguaribile inadeguatezza. Quindi, qualcun'altro, da un'altra parte. Lontano, cercare lontano.
Nascondere la malata cronica, perchè è davvero poco interessante, anzi, probabilmente è una disfunzione.
Devo ignorarla come si ignora una piccola dissonanza. Io, per me,
sono diventeta una piccola dissonanza che va ignorata.
Devo dare agli altri quello che mi chiedono. Essere per gli altri quello che si aspettano io sia.
Forte, saggia, responsabile, allegra, delicata, gentile, piacevole. Piacere. Non deludere. Non mi deludere! ...Il mio primo comandamento...
...Da quando ho deciso di censurarmi.
Sono stanca. Qui comincia a mancare l'ossigeno. Quanto tempo ho passato sotto questo bicchiere capovolto? E perchè l'ho fatto? Per chi?
Sono una mosca vigliacca. Questa è la verità.
Mi sono accorta di quante coltellate ti può piantare nel cuore la vita, di quanto può cambiarti, di quanto può costringerti a diventare meschino e accoltellatore a tua volta, e mi sono chiamata fuori. Ho pensato che avrei sofferto meno, se mi fossi nascosta sotto il bicchiere. Ho pensato che avrei potuto controllare i miei sentimenti e le mie azioni in modo che non risultassero mai dolorosi per gli altri. Mi sono raccontata la favola che, se avessi smussato i miei spigoli, sarei stata più adatta al mondo. O almeno, sarei sembrata più adatta. Il mio, di mondo, quello sotto il bicchiere, non sarebbe trapelato.
Quello dell'autocontrollo, della razionalità che domina e che giudica ogni passo, ogni respiro,
è un gioco devastante.
Sono diventata un burattino nelle mie stesse mani. Un bel burattino composto e obbediente a quelle che interpreto essere le Aspettative Esterne.
Se sono stanca, però, molto stanca e stufa e se ne ho i coglioni pieni come ora,
lascio cadere il burattino, e mi accorgo
di tutto il tempo non vissuto.
E questo fa male.
Ma poi mi accorgo anche che io ci sono.
La dissonanza, la disfunzione, c'è. Non l'ho ancora uccisa. Mi grida dentro come una matta. E se voglio, posso ascoltarla.
E se voglio, posso fottermene del bicchiere, delle pareti levigate, delle maschere,
posso fottermene della gabbia che da sola ho costruito. Posso essere questa disarmonia piena di macchie.
Ascoltare i suoi, di comandamenti...I miei.
E il primo,
è la sfrontatezza
di essere vera. Macchiata. Sporcata dalla vita, come sono. Corrotta, come sono. Compromessa, in quanto essere umano,
in quanto imperfetta, in quanto Gaia.
C'è una canzone che mi riempie il cranio..."Ora che sei vera sai la verità"...
ucronista

- iskariel
- Paris, France
- Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...
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