ucronista

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Paris, France
Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...

tempi persi

sabato 24 dicembre 2016

spazio alla cenere

Fate silenzio,
fuochi nel braciere,
lasciate spazio
alla cenere.
Che si posa.

Non era vera,
voci nella sera,
la vostra voglia
di vivere.

Questa rosa
qualcuno
se l'è fatta cadere
di mano,
questa rosa
la raccolgo, piano,
ma vorrei
che mi graffiasse,
che si aggrappasse
a me,
a questa pelle che
la farà passare,
la farà appassire.

Ho ancora in tasca
il biglietto di quel treno
che alla fine non presi
per venire da te,

ho ancora in testa
una Coscienza di Zeno,
alla fine non ti chiesi
di combattere per me.

E allora cosa aspettiamo,
vorremmo dirci "ti amo",
ma non troppo spesso
se no, poi tutto è lo stesso,
poi sembra lo stesso.

E allora, lascio andare
tutto quello che mi vorrei portare
nel futuro, negli occhi, negli anni a venire
io lo lascio, io lo lascio partire !

Au revoir, au revoir, mes amours,
merci pour toutes nos nuits, tous nos jours,
merci pour nos danses folles, douces et dures,
qui ont nourri nos révoltes,
qui les ont faites pousser,
et puis les ont mises à sécher.

è passato il 19 ottobre

Mio caro, caro fantasma paterno.
Ti scrivo mentre mi scavo una nicchia, tra la veglia e il sonno, nella successione di questi movimenti planetari che ho smesso di chiamare giorni e notti.
Vorrei uscire da qui, e allora entro. Più sotto, più in fondo, perché la superficie è immensa, sterminata, e io non ce la faccio più a percorrerla, né a contenerla nel mio sguardo. Tutto mi penzola intorno, come se ogni cosa, come se ogni porzione di spazio e di tempo fosse esplosa, ma non completamente. Un'esplosione che si è sospesa, ci sono tanti fili, ogni filo tiene un pezzo di mondo nella sua fluttuante attesa della caduta, che non avviene.
La senti ?
Janis Joplin urla ancora, da qualche parte, poco lontano, eppure chi potrà mai testimoniare,

Ma non importa, fantasma papà, so che tu la senti ancora.

La superficie è crudele, accanita. E io non ce la faccio più a comprenderla.
Questa fluttuante attesa di caduta, che non mi tiene.
Mi sento come se scivolassi e scivolassi, senza progressione né continuità.

Eppure c'è qualcosa di vivo, nel freddo e nell'ebrezza serale.
C'è qualcosa di disperante e di aperto, di aperto in questa
solitudine abissale.

 

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