"Pico è passato. Prenderlo in braccio, carezzarlo, metterlo per
l'ultima volta nel suo trasportino - quante volte avevo immaginato
quest'ultima volta, e improvvisamente lo era davvero, l'ultima, sebbene
nulla, nessuna caratteristica evidente la rendesse sensibilmente
diversa, o più definitiva delle altre - uscire, guardarlo guardarsi
intorno nella gabbietta - quante volte gli ho domandato "che pensi del mondo, fuori?" - arrivare dal veterinario, farlo uscire, sul
tavolo. Freddo. Per lui avevo solo mani, carezze, sorrisi, lacrime silenziose,
di più, sempre di più e singhiozzi e parole, e aggrapparmi alla sua
pelliccia e mettere il mio muso contro il suo. Prima c'è stata
l'iniezione che l'ha anestetizzato. Addormentandosi, con le pochissime
forze rimaste, mi ha fatto le fusa. E un piccolo ultimo bacio. L'ho
guardato negli occhi tutto il tempo, tutto il tempo, anche lui, così
profondo, un occhio gli è rimasto aperto. Ad un certo punto ho saputo
che non mi vedeva più. Iniezione letale. Il suo respiro, alzarsi ed
abbassarsi regolare della pancia, ho guardato il suo respiro rallentare,
rallentare, fermarsi. Poi, altro tempo, lungo, ad aspettare tutta la
Morte, ad aspettare, a carezzare, a piangere. Pico è morto. Avvolgere il
suo corpo completamente inerte nel suo lenzuolino preferito, metterlo
in una scatola di cartone e poi su Maggia, guidare con la mia amica
J - la mia amica, veramente - fino al parco di Trenno, prendere in mano la
scatola, una piccola pala, camminare nel parco, sentire, sentire la
scatola sempre più pesante, sempre di più.
Abbiamo trovato un piccolo gruppo di pioppi. Abbiamo scavato. Un
signore è passato di lì con il suo cane. Non ci ha chiesto nulla. È
stato difficile. Radici, pietre, resistenza di terra. La pala si è
spezzata. Abbiamo continuato con solo la parte metallica, con le mani,
abbiamo continuato sudando e maledicendo le zanzare e dandoci il cambio.
Abbiamo strappato e deviato radici. Disturbato lombrichi e maggiolini.
Abbiamo raccolto piccoli fiori.
Quando l'ho preso in braccio, il corpo di Pico nel lenzuolo era pesante e rigido, rigido, come di pietra.
L'ho adagiato nella buca, gli ho lasciato sopra i fiori. Poi l'ho
ricoperto con una lastra di metallo, e
con la terra e le pietre. La terra è rimasta un po' smossa, ma Pico era
natura, finalmente. L'ho lasciato lì, in mezzo alle radici, e ho
sentito...Che l'ho lasciato solo. Ho ancora questa sensazione addosso.
Ho ancora la sensazione che lo rivedrò.
"Morire. Questo, a un gatto, non si fa", ha scitto una poetessa, e so perché."
da una mail al mio amico Y - il mio amico, veramente.
ucronista

- iskariel
- Paris, France
- Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...
venerdì 24 luglio 2015
sabato 4 luglio 2015
porka troika
Ce ne andiamo
per non darvi
altre preoccupazioni,
per non darvi
altre preoccupazioni,
scrissero quattro greche
prima di addormentarsi.
Ma ora può darsi
che voglian rialzarsi
gli Elleni,
da Elleni rifarsi
demo-potenza,
sventrare il potere,
rifare il sapere
esperienza
dell'altro, del Fuori,
a fuoco le banche,
altissimi i cuori
veloci, in alto le voci,
anarchia
è tachicardia,
e ochi,
che mica siam pochi,
noi ce ne andiamo
per non farci
impiccare intuizioni
e sopprimere sogni,
ce ne andiamo onirici,
tenetevi il resto
e tutti i bisogni,
tenetevi il resto
e tutti i bisogni,
e non aspettateci,
non torniamo presto
da voi, vivremo
lanthàno,
noi ricominciamo.
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