ucronista

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Paris, France
Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...

tempi persi

domenica 29 marzo 2015

mi son trattenuta

A chi mi ha chiesto "che fai"
ho spesso risposto "io passo",
bizzarro incompleto equilibrio
smargiasso,
a metà tra una danza e una mano
di poker.

Insomma, la storia del sasso
che sempre rotola via
è il più facile asso,
lo sai,
la mia quieta anarchia.

Ma tu sei un Joker,
mi tieni lo stesso:
Bob Dylan è in vano.

Di solito il tempo mi porta
ben presto lontano,
che i bronchi e l'aorta nemmeno
si stringon la mano.
E invece stavolta

il vento e i rametti,
i corvi e il giardino,
la luce, la pioggia, Parigi
ci trovano ancora vicino.

Mi guardi, ti guardo,
non so come dirti
la gioia temuta, che sì,
ci trovo stupiti,
sorrido, poi azzardo

"Hai visto? Son qui.
Se sono cresciuta? Non so.
Mi son trattenuta."

Insomma, la storia del Joker
non so quanto regga,
che certo non siamo
due assi del poker.
Ma il bluff è riuscito.

E anche tra noi, ci illudiamo
di tutta una vita a venire,
ma in fondo sappiamo
che è fragile stare
e precario partire,
che oggi a tenerci
son le cose da fare,
le parole da dire
insieme al futuro,

niente patti o promesse
o destini da fuori,
solo i nervi, le dita
e al massimo i cuori.

E se adesso la gente
mi chiede "che fai"
con piacere io guardo
la risposta che muta,
perché a passo di danza io resto,
e il solo movente
è forte e modesto,

"mi son trattenuta". 

domenica 22 marzo 2015

frontiera

Da qualche parte tra le dita
stringo parole,
le tengo in vita.

Facile, quando lo spazio
passa tutto intorno,
facile quando lo spazio scorre
al posto del tempo,
il viaggio è il giorno
e mi calmo, non tento
più di sparire. Sento.
C'è un rumore di persone stanche,
luci al neon più franche
dei loro volti,
e poi un altro suono,

ieri sera mani bianche
raccoglievano Bufera
dentro a scatole di cera,
e di nuovo c'era anche
prima vera primavera.

E dice non si muore
di case svuotate,
famiglie lasciate
ancora, non uccide l'ultima ora
di amori appesi
ai rami a seccare,
non si muore, solo, ci si stacca.

Porca vacca.
Mi restano le mani
tese nei ricordi, e pure attese,
a salutare.

Facile, quando lo spazio apre
mondi possibili,
instabili, minimi
ma così simili
al presente rimandato,
ma per ora realtà,
incredibile equilibrio
rubato
di relatività.

Lo spazio è un fluido nuovo.
E' di neve e di bufera.

Il capo treno parla piano,
c'ha la voce da preciso,

un buon viaggio da lontano,
ma all'improvviso
ridacchia e ci propone
"un bel caffè e un sorriso".
Ma senti sto piacione,
dai, ok, ci provo,
gli credo e gli indovino
il viso.

Facile, la vita,
quand'è lo spazio a farla,
tra chili di chilometri di tempo -
sembra infinita -
le montagne stanno così in silenzio
che non si parla.

Bufera.
Tutti noi adesso
non lo sappiamo
ma impariamo
a passare.
Si spera.

Io non so cos'ho portato, cos'ho scordato
o che strumento s(u)ono adesso.
La musica promette tutto
poi dice ho già dato
e mi lascia, spesso
a metà.

Qui si sospira, si dorme,
qualcuno sbadiglia,
o starnutisce forte,
un giornale si scioglie
le pagine, finisce le scorte
dell'attualità.
  
Ed è quel che è, finalmente,
cioè quasi niente,
ma basterà.

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