ucronista

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Paris, France
Gaia Barbieri nasce e vive nonostante tutto come il basilico a Lausanne, da trentaquattro anni e più che altro per curiosità. ...JeSuisUnAutre...

tempi persi

lunedì 30 giugno 2014

namenlosen

Ed è in un piccolo
vicolo oscuro,
una piccola notte,
è una piccola sorte
il rumore
dei piedi scalzi senza rumore
che scivolano il vicolo
e trovano te.
Eh, lo so, amore,
è tutto ridicolo.
Soprattutto l'amore.
Soprattutto le ore iene
in cui non ho pianto,
e pensavo di aver perso le vene
col sangue
e il brillore.
Dicevo "aggrappati"
e crollavo io,
i gesti non tenevano,
le parole pronunciate
si scioglievano nell'aria liquide
come aranciate.
Ma poi
il vicolo, la notte, i piedi scalzi
e i tuoi occhi nudi sui miei.
Ho pianto, e ti ho messo
il mio tremore nelle mani,
e poi anche ricordi strani,
il cimitero dei nomi persi,
i pensieri più tersi
e i biscotti al cioccolato,
e i biscotti al futuro
mancato.

Un altro po' di vita, rimanemmo così.

Da una finestra aperta arrivava
una voce ferita,
non umana, come un lamento di cane.
"Lo senti?", mi hai chiesto. "E' un cucciolo".
"Sì che lo sento. Perché piange?"
"Non piange. Ulula."
E io ululavo anch'io,
piangevo come un lamento di cane,
come un bambino
quando rivede la mamma,
le mette il suo tremore nelle mani,
le chiede di dare un senso
alle cose, ai giochi, ai giorni,
chiede un nome per il vuoto
per lo schianto dei nomi persi.
Questo ti chiedevo
nel piccolo vicolo,
e forse mi fosti madre,
mentre ti tenevo.


lunedì 9 giugno 2014

plagio


Ho sognato che trovavo una poesia fulminante,
tipo milluminodimmenso.
Nel sogno non la scrivevo io, la leggevo e basta, 
e rosicavo,
al risveglio ero felice: era mia,
di una mia creatura notturna, quindi mia,
insomma, era fatta, era un plagio legale!!!
Quasi morale.
Ma ho dimenticato prima
di arrivare alla penna.

Ho salvato dal buio poche parole:
"non si può",
"e allora noi",
non doveva esser molto più lunga.
Allora tento:

'Se si può salvare un solo frammento,
vi prego, che sia questo.
Ma non si può.
E allora noi
persino noi un giorno
spariremo negli angoli,
ridiventeremo solo
gli altri.'








mercoledì 4 giugno 2014

Anna

Qui tutti muoino dalla voglia di ammazzarsi,
che questo stramaledetto coperchio, sopra,
sbarra la strada alle fantasie.
ma dove vuoi andare, con un cielo così.
basso che ci picchi la testa finché campi, e il problema è che campi.
il problema del tempo è che passa, sì, ma anche che poi ce n'è sempre dell'altro.
passa e ce n'è dell'altro, passa anche questo, ma niente da fare,
ce n'è ancora dell'altro, e ancora. così finché campi,
io di ricordi ne ho piene le fosse comuni, e di lettere. 
io invento lingue che poi disimparo a forza di cambiare le parole che sarei.
e tutti che muoiono dalla voglia,
ma non lo fanno, tutta la vita a morire dalla voglia.
si fanno cose che non importano mai, di loro.
portano ad altre cose, che ugualmente, di per sè, non importano mai.
e così, e così, si fa tutto come si fa il ponte...
le cose che sembrano giuste, le cose che potrebbero importare,
non si fanno o si perdono. si muore dalla voglia e basta.
parlo per tutti, eppure per me.
arrogante, trascino la specie nelle mie colpe,
nelle miserie solo mie.
il Rosso lui sì era un gran tipo,
che ha telefonato a sé stesso nel futuro e poi si è spento il cervello.
si è fatto saltare il cervello, finalmente ha fermato i vermosi pensieri.
gli ci è voluta la Corea e compagnia bella, certo, ma poi.
gli ci è voluta la normalità stronza del mondo civile, dopo. ma poi.
io lo so che gli si è sfracellata la chioma,
so tutto delle ciocche rosse per terra e dei capelli volati in aria,
in cielo fino alle stelle.  
Adesso però è incazzato come pochi, senza scherzi.
C'è una donna che non l'ha amato e pensa di sì che lo cerca,
si rifà il trucco da gran vacca e lo cerca, si mette il rossetto e lo cerca,
scavalca di notte i cimiteri e lo chiama perché qualcuno possa farne un best seller. 
Odiava tutto della sua anormalità, per fortuna non sa
quanto sia sola adesso.
Il mio Leslie invece se ne va in Vietnam o ancora in Corea, va nello stesso posto
di tutti i fratelli, di tutti i padri andati,
mi lascerà i suoi guanti, che il vecchio Henry si è ammazzato.
Leslie mi toglie tutto.
Il mio Leslie va a morire, a diventare un uomo con tutte le storie,
quando tornerà sarà come gli altri, non sentirà più niente, 
dimenticherà tutte le lingue tranne il common - what a mess! where are my boots? -
e urlerà di notte con la stessa voce di tutti quelli che vanno,
di tutti quelli che tornano.
non più come quella notte che eravamo piccoli e incastrati, tutti e tre, attorcigliati nel letto,
eravamo bambini e aggrappati, con il rifugio segreto in fondo al letto, 
sapevamo già tutto, ma poi al mattino
come tutti 
non c'eravamo più.
e io lo so, è questo il momento di cominciare, oppure mai.
ora che è l'alba, oppure mai.
questo il momento di farsi portare,
di farsi importare lontano per sempre,
senza nessuna preparazione, tutto a caso,
ma forse a casa, un giorno. chi lo sa.
questa mica è una casa. dovevi spaccare le finestre,
trascinarmi fuori di qui,
bello straniero,
tra le strade lontane di New York, 
la Quinta, la Quarantaduesima, i quartieri proibiti, i sotterranei dei bar,
dovevi darmi altre ragioni e altri gesti, prima che tutto crollasse
nello struggimento dell'attesa.
lo struggimento dell'attesa dietro il vetro,
con la fronte appoggiata alla finestra che dà sul vicolo cieco.
altre finestre, dietro il vetro, e il vicolo ci vede benissimo e ride di noi,
che abbiam fatto ammazzare tutti i nostri figli come fogli di carta.
so che questo è il momento, per me, e mentre lo so non è più.
non ti vedo più, amico invisibile, chi lo sa, sarò invecchiata.
nessuno prende nessuno in nessun campo di segale,
credo di aver sognato tutto, Ma e Al ballano al cimitero allagato,
ballano nelle pozzanghere
e non mi vedono più.
Han perso tutti i loro figli, adesso. Bel colpo.
E io che non posso niente
canto a caso, son qui a caso, come appoggiata, tutto a caso,
ho un nome breve e musicale, ho un nome palindromo
che mi hanno dato e dimenticato in un momento
e non ho l'aria di niente.
Così sembra che non abbia più desideri e tutto il resto, lo so.
Sembra che sia solo la vecchia Anna, ancora più depressa e alienata del solito.
La vecchia Anna alla finestra, con la sua aria vaga, sognante,
con le filastrocche e i giri di danza.
Così pensano, Ma e Al, ma nemmeno, nemmeno mi pensano più.
Nemmeno loro che alla fine mi han confezionata.
Tanto vaga e inconsistente l'ho confezionata, io, l'idea di me.
Ma il fatto è che i maledetti desideri ce li ho ancora, invece.
Mica te li togli dai piedi, quelli.
Come i vermosi pensieri, ma il fatto è che per me
non ci sono pistole né guerre per la mia aria vaga.
Una volta uscivo di notte, tutte le notti.
Leslie usciva e girava tutta la notte per New York, con la sua aria da attore a difenderlo,
e i suoi guanti.
Io senza aria da attore, ma uscivo anch'io.
Indifesa, cercavo lupi. Cercavo stranieri con gli stivali, i capelli lunghi e la camicia un po' aperta.
Ma non li trovavo, c'erano solo uomini con gesti decisi, con sguardi da uomini, con storie da uomini,
uomini dal portamento guerresco e ricordi pieni di partite di football
e vecchie rabbie, storie da sistemare.
Li vedevo sull'attenti, pronti a risalire in un colpo solo 
secoli di intelligenza, 
al primo ordine urlato nelle loro orecchie.
Facevano cose che di per sè non importavano, pagavano alcool
in attesa di andare in Corea o in Vietnam come tutti,
o a letto con qualcuno,
o in attesa di tornare e compagnia bella.  
Avevano o non avevano i capelli rasati,
si carezzavano la testa perplessi quando non parlavano,
e Cristo, bastava questo, 
una bellezza che voi che non l'avete vista non capirete mai.
Insomma, mi innamoravo delle loro dita lente,
di questa perplessità che era l'unica cosa vera,
scivolavo nei loro occhi sospesi.
Li guardavo e basta, in tutti i sotterranei di tutti i bar, e mi riempivano il bicchiere,
e riempivano la mia aria vaga di brutto whisky,
e riempivano la mia aria sognante di sogni erotici buoni a rimandare la morte di cinque minuti.
Una volta il vecchio Leslie era nel mio stesso bar, nel mio stesso sotterraneo,
ma tra una recita e l'altra aveva la sua aria grave al bancone, 
e non mi ha riconosciuto.
Mi facevo toccare da un'altro e pensavo al suo modo di tremare nel sonno, d'inverno.
Ad un tratto scomparivo da tutte quelle mani, 
da tutte quelle labbra e riapparivo nel mio letto.
E non so se tutte queste notti fossero reali,
o solo luci nella mia testa, non ne so niente, 
forse alla fine non importa,
se i fratelli e i padri vanno e tornano uguali a tutti quelli che tornano,
se la madri si scuciono, se tutti 
muoino dalla voglia di ammazzarsi.
Ora il Rosso fa i capricci peggio che da bambino,
vorrebbe che fossimo tutti vivi ma non può,
non sa più cosa dire e trema quando sente
gridare i gabbiani.
Da me non viene mai,
ma mi scrive ancora lettere, ogni tanto.
Scrive risultati di strambi calcoli,
e risultati senza sistema di calcolo,
ma tutti pessimi, 
e che voleva vivere per strada,
tra i barboni, scrive che era fatto per i margini,
e non per questi stronzi salotti con le tende.
Io lo sapevo già, e mi viene da piangere.
Il vecchio Leslie affoga nelle lacrime automatiche,
nelle lacrime secche degli altri.
Il mio piccolo amore mi lascia sola con i vecchi.
Il vecchio Leslie l'ho perso con tutte le parole,
lo tengo ancora abbracciato, mi rannicchio ancora 
intorno alle sue caviglie,
ma se ne andrà lo stesso nella jungla,
lui mi guarda e basta, pallido, mi guarda attraverso, 
me ne sto qui senza ragione solo perché non ho il coraggio.
Non ho il Vietnam.
Non ho la fuga. 
Non ho la pistola.
Non ho il whisky.
Non ho arie drammatiche.
Non ho la vanità e tutto il resto.
E' difficile da credere, ma non ho nemmno una professione,
né un mestiere, no, niente, 
ma è perché sono capitata qui per sbaglio,
e quando si è così si ha la data di scadenza.
La mia è passata.
Non sono riuscita a staccarmi da terra, ma con un cielo così,
ma dove vuoi andare.






 




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